giovedì 30 ottobre 2008

E anche se ora voi ve ne fregate...

Adesso spiegatemi con quale coraggio vi siete detti "non sta succedendo niente".
Ieri c'ero anch'io, ero in primissima fila dietro il primo striscione.
Io, la pecora nera che frequenta la parastatale Suor Orsola Benincasa.
Io, il futuro maestro unico o prevalente del cazzo.
Io che ho vent'anni, venti, e che rivoglio indietro il mio futuro. Io che non permetterò a nessuno di decidere per me. Io, col difetto di essere idealista.
C'ero nella folla che presidiava il cortile della sede della Federico II, a corso Umberto, ieri mattina.C'ero nel corteo, davanti a tutti. C'ero a piazza Plebiscito.
C'ero per comunicare una cosa molto importante a chi ci voleva contare dall'alto per riportarci come un numero troppo grande o troppo piccolo, a chi sapendo di noi abbozzerà qualche sorrisino sarcastico: IO LA CRISI NON LA PAGO.
Faccio resistenza, e non permettetevi di dirmi che "tra qualche anno me ne fotterò perchè le cose non cambieranno mai e allora capirò che bisogna fottersene". No, questo non ve lo concedo. Faccio resistenza in tanti modi e il corteo era solo una testimonianza della mia presenza che si afferma come un NO.

Non me ne frega di Tremonti, Gelmini e Berlusconi. Moriranno pure loro, prima o poi. Prima di lottare contro queste merde, lotto PER me anzitutto. Lasciamo stare la ripugnanza che provo per i su citati. Ma capiamolo, ragazzi capiamolo che noi dobbiamo affermarci, in secondo luogo smontarli. Il nostro obiettivo resta la nostra vita, e su questa nessuno può metterci le mani. Poi quei nomi lì continueranno ad essere d'intralcio finchè ridurremo il problema ad una questione prettamente politica.
La questione è sociale. Ed è di vitale importanza, perciò non possiamo stancarci. Facciamogli capire che non ce ne frega niente dei loro giochetti, delle loro accuse, delle loro bugie. NOI NON CI CASCHIAMO.
Loris mi dice che apprezza tutto questo, mi apprezza. Ma dice pure Robè stai attenta, tu finchè ce la fai, fallo, io non ci credo più, e lo sai che sono il primo a cui prudono le palle. Ma bada bene che il vero ribelle è anzitutto il singolo. Tu ribellati, resisti, opponiti con tutte le tue forze, ma sappi che continuerai ad essere una sola tra i soli.Opponiti concretamente.

Ieri è mancata un po' di concretezza per risultare credibili. Parlo dei pochi soliti cretini che stavano là tanto per, che urlavano che non vogliono le tasse e poi li vedi col telefonino col televisore incorporato e compagnia bella.
Io ci credo in quello che sto facendo, la posta in gioco è troppo alta, non posso fregarmene. Di vita ne ho una sola, del resto.

Mi girano i coglioni quando sento le dichiarazioni di Berlusconi che dice che la sinistra "inganna e strumentalizza i giovani". Si attaccano a vicenda parlando di noi come se fossimo dei pupazzi. E la colpa è nostra, vaffanculo. La colpa è nostra che ci siamo fatti sedurre dalle cazzate che ci hanno propinato, dalle promesse mancate ai programmi di canale 5, dalla munnezza tolta (che beatamente giace sotto al tappeto), alle tasse ridotte. La colpa è di chi ad aprile si è astenuto o ha votato per il meno peggio. La colpa è di chi fa finta di niente. La colpa è di chi preferisce la televisione ad un libro. Siamo colpevoli, sempre in parte colpevoli. Perchè per essere colpevoli basta essere indifferenti, basta essere imparziali, basta essere incolori.Non dobbiamo consentirgli di trattarci così, nessuno può trattarci così.Non ci sto. Io non mi faccio strumentalizzare da nessuno, che sia chiaro. Non è necessaria una mente eccelsa per capire che quello che sta accadendo ci strappa dalle nostre posizioni: se io lotto è perchè metto in gioco tutto, anche la mia stessa posizione, per qualcosa che la trascende e la supera. E' perchè capisco fin troppo bene cosa sta succedendo, e quello che sta succedendo non mi piace.
Destra e sinistra per me rimangono due direzioni, in questo momento. Io scelgo per il mio futuro, sempre.
Grazie ai ragazzi che sostenevano lo striscione che richiamava la canzone del maggio.Perchè è questa l'unica verità:
PER QUANTO VOI VI CREDIATE ASSOLTI, SIETE PER SEMPRE COINVOLTI.


Verremo ancora alle vostre porte e grideremo ancora più forte.

lunedì 27 ottobre 2008

Filosofia dell'educazione

Stamattina ho perso tempo in un modo imperdonabile.
Non posso farci molto, purtroppo, la stanchezza che mi porto dietro non riesco a smaltirla, così è capitato che proprio stamattina che c'erano un paio di cosette da risolvere (oltre al fatto di dover stare giù nel panificio assieme a mamma) sono rimasta a dormire fino a tardi.Mi sento in colpa, ovviamente. Ma è inutile, ovviamente.Tra le altre cose oggi -e precisamente a quest'ora- avrei dovuto partecipare all'assemblea all'Orientale, l’avevo pure detto ad Ilaria. Ma è che alle quattro c'ho Maurizio che, aggiunto agli altri doveri a cui avrei dovuto ottemperare, mi avrebbe impedito comunque di spostarmi o di rimanere a Napoli.Rimando a domani la mia visita all'Orientale, e anzi, Cristina mi ha detto di un'assemblea a Ingegneria a cui probabilmente potrò prendere parte per chiedere aiuto, per chiedere di portare un po' di consapevolezza a corso Vittorio Emanuele.
I suor orsolini si laureano beati, come se non li riguardasse quello che sta succedendo. Noi siamo in prima fila, siamo i primi ad essere mandati a fanculo, ce ne rendiamo conto oppure no?Sto scrivendo una mail al professore Gargano, mi chiedo quanto sia assennata come cosa. Sono due settimane che ci penso ma c'è sempre qualche frase da aggiustare, qualche parola da omettere. Eppure Gargano è uno occhei, basti pensare che l'esame di logica è stato sostituito nel piano di studi dal suo, filosofia dell'educazione.
A me non sembra una casualità.Filosofia dell'educazione comincia con Aristotele. L’uomo è animale razionale, l’uomo è animale politico.L’uomo è razionale ed è politico. Ma è animale, non ce lo scordiamo.Educare significa condurre fuori. Elevare l’animale dalla sua condizione infima ed ergerlo ad una condizione più nobile. Educarlo all’amore, educarlo alla vita, educarlo alla civiltà, educarlo alla consapevolezza, educarlo oltre che istruirlo. L’istruzione è un processo inverso. Istruire significa condurre dentro. Riempire i bambini come fossero sacchi vuoti, riempirli di roba indifferenziata e farli assopire nelle loro conoscenze nozionistiche.L’istruzione isolata conduce ad una condizione di totale incapacità di vivere. Come Pasolini che dice passa uno con la moto e fa una sgommata e in un minuto cancella 5 ore di lezione fatte a scuola dall’insegnante.D’altro canto il concetto di educazione è stato tergiversato.E poi dicono la confusione, i punti di riferimento che mancano.Chi l’ha creata questa confusione?Gargano è uno di quelli che non ci penserebbe su due volte e direbbe “ragazzi, alzate le chiappe che cominciamo a opporre un po’ di resistenza”, ma velatamente ci ha fatto capire che lui da solo non può, non può prendere l’iniziativa, poi stiamo al Suor Orsola Benincasa, non ce lo scordiamo.Ce lo ha dimostrato alla prima lezione del corso di cui sopra, dove il suo sdegno sussurrato suonava insolito in una parte di Napoli alienata, esente da cortei e manifestazioni, in una università alienata dove tutto funziona come da ordinaria amministrazione.
Non potete annuire, dire come se Gargano stesse svelando qualcosa di occulto, come se le cose che dice fossero nuove, mai sentite prima. Lo dovevate sapere, avevate il dovere di saperlo da molto prima e il diritto di opporvi.Non è un giro in giostra, cavolo, questa è crisi, questa è spaccatura, crepe nel futuro prima ancora che possiamo costruirlo. Ma dico, chi aspettiamo?Gargano come in tutte le sue eccellenti spiegazioni ci mette il sale, dice io vi devo provocare, non voglio fare politica ma ragazzi rendiamoci conto che l’ultima vera riforma scolastica è accaduta con quel cristiano che si chiamava Gentile e che conoscete solo grazie all’esame di pedagogia, sennò col cavolo che lo sapevate chi era Gentile. Mettiamo la parola “riforma” in bocca a una che sta lì nemmeno tanto per caso, purtroppo, ma perché NOI ABBIAMO SCELTO così. Dice attenzione ragazzi che tutto questo letame ve lo state buttando addosso da soli e vi sta asfissiando pure se non ve ne rendete conto, perché state tutti assuefatti con la testa nella televisione. Gargano non ha mai detto chiudete i libri e fate i sessantottini. Anche perchè, parliamoci chiaramente, sessantotto e duemilaotto fanno solamente rima, niente di più.Mi prende una smania assurda, penso che farei qualsiasi cosa pur di cambiare Paese e lasciarli tutti qui a morire sotto questa merda. Sto scrivendo una lettera a Napolitano, così, tanto perché ho bisogno di vomitare un po’ di sdegno in faccia a qualcuno. Non la leggerà mai, sono d’accordo pure io, ma se smettiamo di credere tanto vale smettere di lottare. Sono un'utopista, in mente intrattengo smodate conversazioni pure con Gesù Cristo, figuriamoci.La crisi c'è, dobbiamo renderci conto che c'è. E stare a casa con mammà non deve farci sentire in diritto di sentirci protetti.Le borse a un passo dal crollo, ogni giorno sul giornale la foto dell'economista con le mani in faccia. Poi viene Berlusconi e dice la scuola deve essere rinnovata, vogliamo più economisti, manager, vogliamo più tecnici. Certo, vuoi gente più istruita che assecondi le regole di questo mercato tornacontista, che fino a qualche tempo fa arricchiva almeno i già ricchi, ma adesso ci sta portando inesorabilmente verso la povertà, verso la guerra, verso una crisi insanabile.Vado a raffica lo so, ma è che mi rendo sempre più conto che il problema è nel problema. E’ proprio la logica che è malata, ci sono metastasi ovunque.Li vuoi tutti formati per fare i manager del cazzo, va bene. Così aumentiamo il degrado sociale, abbiamo più stronzi che capiscono di computer e che non sanno un cazzo della vita. Perché non ce la scordiamo la formazione umanistica. E quando dico vita non parlo di quotidianità, a quella ci pensano già troppo i mass media. Parlo di gestione, autonomia, saper vivere. Parlo di praticità, parlo di equilibri che non ci sono più, parlo di rispetto dei tempi e delle tappe.

I bambini di 8 anni adesso hanno il cellulare, quanti bulli nelle scuole, questo paese va a rotoli, ma com’è possibile questa mondezza, ma davvero esiste la camorra?
Ci spaventano le condizioni che noi stessi abbiamo posto, come se non riuscissimo a renderci conto che tutta questa merda la stiamo producendo NOI, automi inessenziali che passano i pomeriggi a guardare storie inventate alla tivvù. Siamo animali che ignorano l’ebbrezza che regala un concerto, un libro, un disco, una giornata in associazione, uno slogan urlato ad una manifestazione, un allenamento, un film al cinema, una serata a teatro.
Siamo talmente inumani che a vent’anni diciamo “sono vergine ma per un milione di euro la dò”. Questo lo dico così, giusto per farvi capire che l'emancipazione è solo una bella parola.
Noi non siamo formati, ma deformati, lontani anni luce dalla formazione.
E prima di dare la colpa al qualunquismo rendiamoci conto che questo è nato assieme a noi, con noi.

venerdì 24 ottobre 2008

Battista, la piuma!

Attenzione, vogliono salvare il mondo. Io ci sto, sono la prima, salviamolo.
Non sono nessuno, è chiaro. Sono il frutto delle mie esperienze, e chi sono non è un bene o un male, un vantaggio o meno. Sono io e amen. Sono una che dice salviamo il mondo ma risolviamoci un attimo nelle cose fondamentali, innanzitutto.
Illuminazioni da poetessa maledetta. Mi fa ridere ripeterlo in mente, mi fa ridere. Non per astio né per rancore né per niente. Perchè è passato un anno e l'astio non me lo faccio uscire ora così, perchè ho dato di testa improvvisamente. Ancora adesso non provo astio. Volevo capire, e ho capito. Però lo scambio di parti no, quello non è valido. Non avevo il diritto di dirti quelle cose perchè io non sono nessuno, perchè io sono come te, c'ho l'ego ipertrofico. Che se vogliamo dirla tutta, c'entra niente. Allora che fa, la contraddizione continua.
Io non avevo il diritto. Ma di fare che? Dico in base alle cose che dici, mica me le invento io le situazioni. Rispondo. Cerco di arrivare a far capire, perchè ho desiderio e diritto di capire.
Poi la vogliamo buttare sul vaffanculo addio sei solo qualcosa che non esiste, robe del genere. Mi va bene, lo so che quando è difficile dare spiegazioni (perchè non se ne hanno di plausibili) conviene mandare tutto a fanculo. Mica è la prima volta che lo sento. E mica mi fa paura. Mi dico lascia correre chè ci pensa il tempo, alla fine non sono quella che dice ma chi me l'ha fatto fare. Ho sentito, probabilmente ho confuso. Devo imparare a distinguere, questo sì. Ma per me c'era verità.
Nessun rimpianto, nessun rimorso, niente odio se arrivi a capirlo, niente di niente.

Stamattina in metropolitana sentivo alcuni dell'Orientale che dicevano dell'occupazione, dei poliziotti. Che dire, prepariamoci alla dittatura. Mio fratello dice oh però la guerra ai casalesi la stanno facendo. Guerra? Ai casalesi? Davvero?
Ci stanno invischiati, tutti collusi coi casalesi, che applaudiamo a fare. La camorra sono prima loro, fanno queste sceneggiate da due lire (e perdonatemi, ma ne ho abbastanza di teatrini) per farci distogliere lo sguardo. Come se noi potessimo perdere coscienza di quanto di grave sta succedendo.
Da me ancora zero assoluto, io mi sento come quella che deve spostare il masso di una tonnellata ma non ce la fa. E' che sono da sola, e il masso non lo potrò spostare mai da sola.Non so da dove cominciare. Tollerare di essere fraintesa, tollerare la superficialità e i limiti di chi pensa solo a sè e a quello che ha visto in televisione.
Lo ripeto, io non sono meglio. Anzi, vorrei saperla fare tanto facile pure io. Ma non ce la faccio, mi brucia sentire certi discorsi riciclati, inutili, spropositati.

A casa è il manicomio: niente punti di riferimento, nessun bacio prima di andare a dormire, nessun miglioramento.

Oppongo resistenza, le risorse cognitive arricchite vanno implementate. Sono l'unica arma che ho.
Dette queste altre quattro cose mi vado a preparare. Oggi amichevole col Santulli, serie B2.
Beata me che mi posso ancora emozionare.

PiEsse: comunque ipertrofia è un termine serioso, mettiamolo dove c'azzecca.
"Addio" è già molto meno serio.
Da poeta maledetto, diciamo.


"Tu m'hai fatto chest 'a mme, iss ha fatto chest 'a tte, e ce scurdamm 'o palo n'culo che tenimmo tutt' e tre!"

['E Zezi feat Zulù- 'O ballo re pezziente]

giovedì 23 ottobre 2008

Mentre tutto scorre

Parla in fretta e non pensar se quel che dici può far male, perchè mai io dovrei fingere di essere fragile, come tu mi vuoi?
(Vuoi) nasconderti in silenzi mille volte già concessi, tanto poi, tu lo sai, riuscirei sempre a convincermi che tutto scorre.
Usami, straziami, strappami l'anima, fai di me quel che vuoi, tanto non cambia l'idea che ormai ho di te, verde coniglio dalle mille facce buffe.
Dimmi ancora quanto pesa la tua maschera di cera, tanto poi, tu lo sai, si scioglierà come fosse neve al sol, mentre tutto scorre.
Sparami addosso, bersaglio mancato. Provaci ancora, è un campo minato quello che resta del nostro passato non rinnegarlo, è tempo sprecato. Macchie indelebili, coprirle è reato.Scagli la pietra chi è senza peccato. Scagli la pietra chi è senza peccato.
Scagliala tu perchè ho tutto sbagliato.

martedì 21 ottobre 2008

Sono come il fiume che scorre

Vengo come il fiume in piena e non ci sono dighe ad arginare il disastro, questa volta. Non ce ne possono essere più.
Tendenzialmente pacifica e lo sappiamo, lo sa bene chi mi conosce. Non mi piace litigare, non mi piace alzare la voce e quando la alzano con me o finisce che incasso e poi mi vado a nascondere per piangere, come i bambini dopo aver avuto uno schiaffone dalla loro mamma, o i nervi che si scatenano fanno rumore pure loro e perdo il controllo. Non mi capita quasi mai perchè provo a starci attenta, se manterrai la calma in un momento d'ira risparmierai cento giorni di dolore, dicono i cinesi. Così ci penso e il sangue amaro me lo faccio in silenzio, sempre.

Ieri sera mi sentivo il sangue pulsarmi alle tempie come non accadeva da tempo. Ho trattenuto le lacrime, che intendiamoci erano lacrime di stizza, ci sono riuscita fino ad otturarmi le orecchie e alla sensazione che la faccia potesse scoppiarmi e gli occhi uscire dalle orbite. Poi ho lasciato perdere perchè le parole erano troppe e non le sapevo dire tutte.
Questa volta, invece, le voglio dire.
Mi sono rotta le palle delle cose non dette: discorsi rimandati, quelli mai affrontati. Non sono l'ultima arrivata, capiamoci. Ho sbagliato io ad essere sempre accomodante, ma scusate se non funziono come le macchinine telecomandate e sono come il fiume che scorre, direbbe Coelho.
Sono come il fiume che scorre. Vado giù spontanea, che sono come sono, con il mio corpo e la mia testa. Ce l'ho con la mia generazione, e scusami Maurizio se sono troppo "selettiva". Ce l'ho con la mia generazione perchè mi sento la febbre di vivere addosso e non distinguo più se sono io la malata o loro. Non lo so più. Ce l'ho con i miei vent'anni di merda, ce l'ho col fatto di sembrare sempre sbagliata perchè non me la ricordo più l'ultima volta che ho parlato del ragazzo che fa girare la testa, di quegli stivali così belli da comprare subito e delle cazzate di cui vorrei saper parlare così bene come fanno gli altri.
Non sto giudicando, porca miseria, queste sono cose legittime, sono io che non c'ho dimistichezza! Non giudico, sto crepando di invidia perchè vorrei avere una testa più leggera. Un corpo non è stato possibile, leggero, ma una testa, datemi una testa più leggera.Mi rode questo stare fuori, io voglio stare dentro, voglio morire di cecità, non voglio guardarmi attorno.

Vorrei non dover tornare mai più nello studio di Beneduce e ricominciare a lavorare all'ennesimo fallimento. Vorrei non dover tornare a casa e trovarci mio fratello ammazzato di fatica che dice "che cazzo vuoi, tu te ne vai a fare allenamento e ti svaghi, io lavoro come il mulo quindi stai zitta", e sentire quel vuoto nella pancia che mi sembra di stare in caduta libera da 3000 metri di altezza, che sembra di non toccare mai terra e non sapere come sarà l'impatto. Di chi è la colpa, gli dico, vorrei fare più di quello che faccio, ma non è colpa mia se stiamo combinati così, se papà ci vuole fregare, si vuole fregare, io lo vorrei guarire, se solo sapessi come mi guarirei prima io.
Non ne posso più di situazioni intricate in cui non capisco la parte da recitare: dimmi la mia parte, te la faccio, ma porca miseria dimmela. Chi sono io, sono quella a cui mandi il messaggio in una sera di agosto quando non hai un cazzo da fare, il messaggio scemo che lascia lo scampolo di speranza e quell'alone misterioso che è rimasto un alone di becera banalità. E' un'idea insulsa dei rapporti, poi non venirmi a predicare le relazioni sane come se fossi il Messia. Dov'eri quando avevo bisogno di una parola, una parola che fosse una, qualsiasi, qualsiasi volevi, ma che fosse un cenno, un inizio di direzione, una spiegazione. Che poi me lo ricordo ancora ottobre di un anno fa, che mi chiedevi scusa da dietro al computer, "è che in fatto di maturità sei tredici passi avanti", ma vaffanculo, a che gioco vuoi giocare?
Odio tutta la banalità profusa per rendere insulso un rapporto. Confuso, faceva un casino smodato perchè non lo sapeva dire io con lei ci sto bene, sia quel che sia, sia come sia, la amo per com'è. E che c'è di male, chi cazzo ti giudicava per questo? Che poi i sotterfugi, l'assenza vomitata in faccia quelle volte in cui avevo bisogno solo di una parola, di una chiacchierata, telefonate a cui non ho mai avuto risposta. Non cercavo niente, non ho mai cercato, non ti ho mai tolto, non ho mai estorto un po' di benevolenza, sempre silenziosa a cercare il capo del gomitolo, rintuzzata nel mio angolino come le vecchiette che non hanno più niente da perdere, più niente da fare, più niente.
Vaffanculo, possiamo dircelo guardandoci in faccia adesso, ora, vaffanculo. Che sei il paradosso vivente, la contraddizione, che non credi nelle cose che dici, che le tue azioni non rispondono minimamente.
Brucio, bruciano gli occhi, brucia la bocca di sale stasera.
Sono incazzata perchè sono quella che rimarrebbe a invecchiare coi suoi libri e le sue canzoni se non fosse per la pallavolo e per quelle poche persone vere che costituiscono il perchè di questo stare ancora in piedi. Sono incazzata nera, perchè non me ne so fare niente dei discorsi appesi, campati in aria, delle promesse che rimangono debiti, di questo stare sempre in tensione a fare da baby sitter a mamma, a papà, a fratello, a sorella, a nonna. Non me ne faccio niente di mia cugina che dice tu sei la mia famiglia. E quando nonna stava nella 206 a Benevento col tumore attaccato in testa, tu dove cazzo stavi? Che ne sai che cosa significava? E ancor più adesso, che cazzo ne sai che significa stare attenti pure nel sonno, conciliare tutto in una giornata, mentre lui vuole appassire in un letto e lo becchi pure che su bromazepam e altre schifezze varie si concede il liquore?
Non ne posso più del qualunquismo, della lontananza, dei rapporti che sembrano mutui interminabili, che mi sembra di non avere mai i soldi per pagare.
Non sopporto più la televisione, l'università piena di qualunquisti, quella sciacquetta che stamattina viene e mi saluta come se c'avessi la peste, quando fino a qualche mese fa baci e sorrisini a profusione.

Non sopporto quel cretino che con la sua logica elementare si allontana e mi lascia nella merda solo perchè nella sua testa starmi vicino significa inciuciare con la sua compagna di merende sui fatti che mi stanno rendendo la vita impossibile, ma vaffanculo, tu e la tua lingua lunga.
E poi, vogliamo parlare di tutti gli stronzi che hanno fatto della Comunità un'agenzia matrimoniale, che si sanno scordare degli amici e si perdono da pivelli, possono perdere anche il migliore degli amici se vossignoria la mia fidanzata chiede così quindi scusa se non ti cago più. Mi fate schifo, schifo forte, non avete manco idea di cosa era la Comunità 4 o 5 anni fa, vi mettete pure a pregare!Il buonsenso di restare in silenzio, di non salire sul pulpito per lo meno, per carità!
Cambiate come cambia il vento, come chiede l'ego, come cambia il tempo, e poi dite che non siete omologati. Sono come il fiume che scorre.
E vaffanculo, sembra sempre che non ho detto.
Passo la mia lingua sul taglio nel palato.


Faccio come un uomo, gioco a fare il duro, monto con il lego uno scherzo di futuro, che il futuro è fuori garanzia: un bacio e via.

Vado come un uomo, sono complicato, passo la mia lingua sul taglio nel palato, non mi lascio stare a modo mio, a modo mio.
E poi vivere a orecchio senza ricette che qualcun altro ha prescritto, e poi starci un po' stretto ma vivere a orecchio.
E poi vivere a orecchio, metterci tutto e forse stonare di brutto, e poi senza biglietto vivere a orecchio.
Da dove ti viene il mal di mare?
Da dove ti viene una canzone?
Da dove ti viene il peggio di chi sei?
Chi sei?
Vado come un uomo, ci provo fino in fondo a stare come tutti in pari con il mondo.

venerdì 17 ottobre 2008

Vola vola 'sta palommaaaaa...

Ieri pomeriggio si è tenuta la conferenza di inizio stagione agonistica, con i giornalisti di alcune reti televisive casertane e con la partecipazione di alcuni esponenti del mondo politico della provincia di Caserta.
La società di cui faccio parte per questa stagione pallavolistica, Volalto, prende il suo nome in ossequio alle sue origini salesiane. Infatti nel corso di una manifestazione salesiana è stato il Rettor Maggiore Juan Vecchi, successore di Don Bosco, ad asserire che "quando si sta con i giovani non bisogna mai avere paura di volare alto".
E' una possibilità che qualche "grande" ci dà di riscattarci. Dimostriamogli che siamo in grado di modificare noi il sistema che ci vuole cambiare.
Un salesiano ci ha anche benedetto i completini, il che è indispensabile siccome tra poco più di ventiquattro ore comincia il campionato e già sono quattro le compagne che stanno recuperando da vari infortuni.
Sono emozionata per l'avvio di questa stagione, dopo tredici anni di percorso pallavolistico mi trovo in una realtà in cui non avrei mai creduto di potermi proiettare, nemmeno mentalmente.
A tale proposito vi informo che domani sera si giocherà l'anticipo (di norma si gioca il sabato, in serie C) della prima fuori casa, alle 20.30 contro l'Accademia volley Benevento.
A Nico, che mi ha chiesto come mai il 21, devo una risposta.
Il mio numero è il 21 per tre motivi, principalmente. E non c'entra niente il giorno del compleanno. Io al riconoscimento continuerò a rispondere "Roberta, ventuno" perchè:
1- 21 è il numero dell'articolo della costituzione che garantisce la libertà d'espressione.
2- 21 sono le lettere dell'alfabeto e le parole per me sono importanti, nella mia vita, quanto la pallavolo.
3- 21 perchè è importante saper essere prima degli ottimi numeri 2 per poter diventare dei buoni numeri 1.

La presentazione è stata emozionante.
Mi è parsa, invece, tutto un recito, tutto un finto, tutto un barzelletto per ridere, la consegna dei completini: hanno sbagliato a stampare le MIE (SOLAMENTE le mie) maglie e invece di Cetro, sul mio bel 21 hanno scritto CASTRO.
Da oggi in poi chiamatemi Fidel.


N.b. voglio fare un caro saluto con un abbraccio circolare e l'augurio di una pronta guarigione e un presto ritorno a casa alla signora che dopo avermi detto scusa ma tu l'ann passat nun stiv all'Ediltutto?, e alla quale ho risposto sì, ma sono in prestito per un anno a Caserta, che mi ha guardata esterrefatta e ha detto azz allora è over che v'accattano e ve venneno, provt comm 'e calciator!

lunedì 13 ottobre 2008

Gli effetti secondari dei sogni

Per fortuna ci sono gli scrittori con i loro libri e i cantanti con le loro canzoni che dicono tutto per me. Dicono per me tutto quello che, altrimenti, rimarrebbe eternamente inespresso.



Vi ho detto,
guardavo il mare,
ero nascosta fra le rocce
e guardavo il mare.

[Le Clézio – Lullaby]



Da quando sono nata, mi sono sempre sentita al di fuori, dovunque fossi, fuori dall’immagine, dalla conversazione, sfasata, come se fossi la sola a sentire rumori o parole che gli altri non percepiscono, e sorda alle parole che invece sembrano sentire, come se fossi fuori dalla cornice, dall’altra parte di una vetrata immensa e invisibile.
E’ capitato anche oggi pomeriggio a Volla, mentre con Erasmo e gli altri cercavamo di mettere insieme le parole giuste per far capire a chi ancora non lo sa che stiamo muovendo verso una rotta sbagliata, poichè tagli e istruzione non fanno rima, come non fanno rima maestro unico e formazione, come non può fare rima privatizzazione con università.
Io ero là, seduta in mezzo agli altri, con tutta la preoccupazione che mi circolava nel sangue. Perché il futuro è incerto e se lo dico mi vengono i brividi, e perché la felicità è solo un istante e compagnia bella.
C’ero e con me c’era la solita consapevolezza di non essere poi così vicina, così in mezzo, così dentro. Me la porto sempre addosso, mi muovo e vedo che non c’è niente da fare, sarò sempre così, non ci sono rimedi né antidoti. Più li guardo, gli altri, più vorrei essere come loro. Invidio la loro spensieratezza, le loro risate che non sono fanfarone come le mie che voglio stare al centro come se potessi dimenticare, stando al centro. Invidio tutte le loro storie, e se se le inventano allora tanto di cappello: sono sicura che possiedono qualcosa che io non ho.
A lungo ho cercato nel vocabolario una parola che esprimesse la facilità, la spensieratezza, la fiducia e tutto quanto, una parola che incollerei sul mio moleskine a caratteri cubitali, come un incantesimo. Ma non la trovo. E se ci sono vicina, capita che è il momento di tornare a casa. E tornare a casa mi basta per provare che un po’ di cabaret non basta a sentirsi vivi, pieni e non più soli. Non può bastare mai. Come se fossi l’attrice di una sequenza di scene che si sussegue drammaticamente. Ed è così, c’è drammaticità in ogni mio anno scomposto dai restanti altri, così che arrivano insieme a venti solamente per un’addizione. E non si può parlare in termini matematici di quello che manca: vent’anni non sono pochi, credetemi.
Il fatto di esprimere la quantità mediante un numero non è di per sé così evidente. La quantità dell’assenza, soprattutto. L’assenza di un oggetto o di un soggetto si esprime meglio con la frase “non c’è” (o “non c’è più”). Papà non c’è, ad esempio.
I numeri rimangono un’astrazione e non suggeriscono né l’assenza né il dolore.
Parlo così per provare a rendere l’idea, non vi sono richieste indirette di colmareperpiacereimieivuoti. Non voglio niente, alla fine, né mai ho voluto qualcosa per capriccio. Volevo che nulla ci distinguesse dalle altre famiglie, dove i genitori pronunciano più di quattro parole al giorno e i bambini non passano il tempo a farsi brutte domande.
La vita non è come un angelo che si alza e danza sulla punta dei piedi.
Non si scacciano le immagini, e ancora meno le crepe invisibili che si aprono in fondo alle viscere, non si scacciano le risonanze né i ricordi che si risvegliano quando scende la notte o spunta l’alba, non si scaccia l’eco delle grida, e ancora meno quello del silenzio. Non si scacciano nemmeno le frasi che non riesco a dire e che rimangono impresse in testa. Le parole sfuggono, disertano, si dileguano. Non è un problema di vocabolario né di definizioni perché di parole ne conosco parecchie, ma quando mi servono succede che si confondono, si disperdono. Chi lo sa, magari se riuscissi a renderle simultanee e direttamente consecutive ai pensieri potrei risolvermi. E’ per questo che credo che non riuscirò a risolvermi mai. Vedo tutto quello che mi passa per la testa però non mi fido mai. E’ ovvio che sono i miei pensieri e mi compongono. Ma mi riesce più facile vedere cosa passa per la testa della gente: è come una caccia al tesoro, un filo rosso che basta far scivolare fra le dita, fragile, un filo che conduce alla verità del mondo, che però non sarà mai rivelata.
A volte mi faccio paura, perché so che non bisogna giocare a questo gioco, bisogna saper abbassare gli occhi per conservare lo sguardo di bambino. Ma io gli occhi non riesco a chiuderli, restano spalancati. E qualche volta me li copro per non vedere. Non bisogna guardare troppo e troppo a fondo, perché è guardando che si capisce. E sarebbe meglio non capire, a volte.
Per fortuna la vita non è solamente una serie infinita di pensieri e parole che si alternano vorticosamente. Cioè, la mia vita è principalmente questo, però esistono i contesti reali, concreti, che hanno il compito di distoglierci dal mondo che c’abbiamo in testa. E’ per non alienarci. Tant’è che senza pensarci noi possiamo pure cambiare espressione del viso, e addirittura più volte in un solo secondo.
C’è la pallavolo, c’è “Il pettirosso”, c’è la Comunità che non sa tornare mai completamente, c’è l’università, ci sono i libri e i film e le canzoni, ci sono i miei amici. C’è una vita che viene in mio aiuto e mi dice che posso esserci, che io voglia crederci o meno. Ed io a volte ci credo, a volte no.
Troppa concretezza che manca, spesso. Mi innamoro, e mi innamoro del vento che vedo andar via.
Chi sono, cosa sono, di che materiale sono fatta?
Sono riducibile ad un insieme di parole che si traduce in un silenzio strangolante. So amare, ma non troppo bene. Mi riesce di dirlo solo a bassa voce. Così mi risolvo in un diario scritto, dove le parole cancellano ogni mio sogno a tempo debito.Ciò che non riesco a vivere, lo riesco a scrivere. E la vita o la si vive o la si scrive, diceva Pirandello. Quando la si scrive un po’ ci si relega agli angoli del mondo che si sviluppa nella propria testa. Ed è un mondo di solitudine, che non la puoi guardare, ma la puoi sentire e sai che non se ne andrà sopra le nuvole.
Non è roba mia questa, lo so, ma se ammettiamo che per due punti passa una e una sola retta, un giorno traccerò quella che va da te verso di me o da me verso di te.


Aiutami a non piangere, adesso siamo soli. La rabbia ormai è cenere, mio eterno dittatore. Stai qui, stai qui e dammi il buon esempio, non devi far vedere al cielo che hai paura. Babbo non l’avevi detto che finiva tutto e mi lasciavi qui. Babbo dammi ancora addosso, la vita è un gioco rotto se non ci sei più. Stai giù, stai giù, fermiamo questo tempo, ed io con la forza che ho di te non ti abbandono. Babbo non l’avevi detto che finiva tutto e mi lasciavi qui. Babbo stammi ancora addosso, la vita mi fa freddo se non mi copri più. E vai via dalle mani babbino caro, accendo il sole per te e non ti perderò. E la vita non è come un angelo che si alza e danza sulla punta dei piedi, e la vita che hai e che vedi andar via io vorrei ridartela come se fosse mia. Babbo non l’avevi detto che finiva tutto e mi lasciavi qui. Babbo stammi ancora addosso, la vita mi fa freddo se non mi copri più. E vai via dalle mani babbino caro, accendo il sole per te e non ti perderò.

[Babbino caro- Gianna Nannini]

venerdì 10 ottobre 2008

*Volalto Caserta, stagione pallavolistica 2008/09*

"Secondo alcuni studi il calabrone non può volare perché la sua larghezza alare
non è proporzionale alla sua grandezza corporea. Ma questo il calabrone non
lo sa, perciò lui continua a volare.
E' nel momento in cui dubiti di volare
che perdi per sempre la facoltà di farlo.
Più ci innalziamo e più sembriamo
piccoli agli occhi di coloro che non sanno volare."


(Friedrich Nietzsche)

CHE NE SARà DI NOI?

"Ciascuno porta in sè una individualità produttiva quale nucleo del suo essere;
e quando diviene cosciente di questa individualità, allora si propaga attorno a
lui una luce strana, cioè la luce dell'insolito."



Ieri pomeriggio presso la sede dell'Associazione "Il Torchio" a Somma Vesuviana, si è tenuto il convegno "Il futuro della scuola, la scuola del futuro" organizzato da "Il Pettirosso" (associazione politico-culturale di Pomigliano) insieme con AntiNaco, Giovani democratici per Somma, Laboratorio Democratico Volla e RUN Rete Universitaria Nazionale.Per ovvi motivi io non ho potuto presenziarvi, anche se il mio amico ERASMO mi ha fatto un resoconto generale del convegno -e su quest'ultimo potete trovare un articolo su www.ilmediano.it - .
In ogni caso la verità è una sola: SIAMO ANCORA IN POCHI A SENTIRE LA PUZZA DI BRUCIATO.

Vi ho già parlato in un post precedente del decreto legge 112 approvato ad agosto e di ciò che tale decreto prevede. Ritengo opportuno ricordare, a chi l'avesse dimenticato, che oltre a vedere i video sul tubo e a scaricare le canzoni dal mulo, su internet ci si può anche informare. Parlo di un tipo di informazione reale, seria, che non ha niente a che vedere con la valanga di notizie di cronaca nera che ci scarica addosso il tg 5 o il gossip con cui ci rimbambisce studio aperto. Siamo umani, non burattini, le emozioni indotte ci fanno funzionare male impedendoci di prendere consapevolezza di tutta la merda che ci sta affossando.

Domenica sarò al Pettirosso con Erasmo e Cristina a preparare la documentazione da diffondere nelle università e negli istituti superiori, frattanto continuo a cercare Elvira De Lucia, quella donna invisibile che è la rappresentate degli studenti della mia università, il Suor Orsola.
Davanti allo stato attuale delle cose non possiamo coprirci gli occhi. E' giunto il momento di alzare la voce contro chi sta mettendo le mani sul futuro di noi tutti.

Ad ogni modo, siccome a breve ci saranno le elezioni dei delegati regionali della giovanile del partito democratico, ho bisogno di voi.
In brevissimo tempo si devono presentare quanti più sostenitori alle candidature (tra cui anche quella di Erasmo) che verranno proposte in Campania. E’ per questo motivo che vi chiedo di aiutarmi a trovare tra amici, cugini, compagni di università (di età compresa tra i 14 e i 29 anni e residenti in Campania) quante più persone che possano sostenere il progetto.
Non si tratta in questo caso di firme, ma solo di sostenitori per raggiungere i numeri che ci vogliono per rendere effettive le candidature.
Di queste persone mi occorrono: nome e cognome, documento di identificazione (numero di carta d’identità o codice fiscale), luogo e data di nascita, indirizzo e possibilmente un recapito.
Vi prego di comunicarmi i dati via e-mail all'indirizzo
napulitangirl25@hotmail.com

Roberta

sabato 4 ottobre 2008

Roberta e (congiunzione) contenta

Non puoi attraversare il mare semplicemente stando fermo e fissando le onde.
Non indulgere in desideri vani.


Naufraga nella burrasca, e sono ancora qui.
Ieri l'esame è andato, ed è andato pure bene. Quel ventotto segnato accanto a "Storia Della Filosofia" non mi aiuterà a fare delle mie notti insonni un requie, ma è inutile stare a spiegare il perché di tante cose.
L'unica persona che ha capito è mia cugina Annalisa. In un messaggio mi ha scritto complimenti per essere riuscita a dare un esamone nonostante la situazione per niente semplice in cui ti trovi. Senza che io le spiegassi il perchè di tanta caparbietà lei ha capito che non contava niente il voto alto in sè, sul libretto.
Peraltro, intendiamoci, per una come me che al liceo è sempre stata un numero, e un numero sempre troppo basso, un voto buono non è niente di più di un ghigno alle spalle della Cimmino, una risposta a quelle pagelle insulse da scuola insulsa, una consapevolezza che matura visibilmente: scienze motorie non era per me, è questa la mia strada.
Del resto i miei 30 non hanno mai fatto di me una persona felice.
Solo Dio sa quanta resistenza ho opposto per preparare quest’esame, ed io non immagino quanta ancora dovrò opporne per vivermi la quotidianità, perciò sto sempre in guardia.
E solo Dio sa che il vero esame non erano i due secoli e mezzo di storia della filosofia inclusi nel programma.

C'ho proprio un mondo dentro che si sta evolvendo. Cambio, cammino, divento. E lo faccio sforzandomi, raccolgo i frutti del dolore. Questo camminare mica è tanto semplice, sotto i piedi ci sono sabbie mobili. Ma quanto è bello risalire quando manca un millimetro per affondare.

Alla mia università si continua come se niente fosse, la rappresentante degli studenti non l'ho mai vista e se la vedessi non saprei neppure cosa dirle, se non chiederle dov'eri?
Continuo a navigare anche io, non per dare esami come fossi una macchinetta solo per il gusto di un libretto che si riempie, ma devo navigare, non posso fermarmi. So che la barca su cui sto navigando potrebbe naufragare da un momento all'altro quindi devo evitare lo sfacelo. Devo armarmi per essere innanzitutto un viaggiatore efficace, ricordarmi di usare la paura come strumento d'azione sulla realtà. Dare forza ai miei compagni di viaggio e non lasciarmi intimorire dalla burrasca ma nemmeno osare sfidarla spavaldamente.
Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare.
Bisogna essere ottimi naufraghi prima ancora che buoni marinai, se capite cosa intendo dire.

Piccola parentesi sull’esame di ieri mattina.
Nell’attesa di essere chiamata dal professore una ragazza davanti a me di nome Felicia incalza in una conversazione pro-esaurimento nervoso (domande riguardanti il programma incluse nel prezzo).
Ho paura, i professori sono cattivi, io sono bloccata, dammi coraggio, che c’entra Schopenhauer con Leopardi?, mi fai vedere il tuo libretto? e tante altre cose accompagnate da una cadenza sguaiata e una cacofonia inaudita.
Faccio l’esame, lei lo fa dopo di me, dice aspettami, ce ne andiamo assieme.
Occhei, ce ne andiamo assieme. Usciamo dall'aula e mentre scendiamo le scale le squilla il cellulare, con tanto di suoneria di uomini e donne che ci scommetto che sullo sfondo ci sta pure Costantino. Poi, dopo aver attaccato il telefono ride imbarazzata e si giustifica dicendo che mamma mia quel programma mi fa ridere perciò tengo la suoneria. Manco l’onestà intellettuale di stare zitta e darmi l’occasione di pensare, sì, sta assuefatta pure lei.
Felicia continua a straparlare mentre scendiamo da corso Vittorio Emanuele per andare alla circumvesuviana e mi racconta che solamente il padre lavora e allora vuole lavorare pure lei per pagarsi l’università. Perché l’università costa e i fratelli vanno a scuola, poi il fratello di 19 anni vuole sempre i soldi per mettere la benzina nella smart per andare dalla fidanzata, e il padre si fa le croci, e bacia a terra quando lei fa un esame.
La penso come una cosa ammirevole: cazzo, vuole pagarsi le tasse da sola! Ma Felicia ci mette poco a deludermi e dopo avermi chiesto quale telefonino avessi –come se la mia risposta mi consentisse di diventare più gradevole- dice che lei ama i telefonini e ne cambia uno ogni 3 mesi.
La guardo e penso di avere di fronte un composto fatto di inconsapevolezza, assuefazione e contraddizione. Ci sta dentro fino al collo.
Il colpo finale me lo dà quando dice che si è diplomata al pedagogico e sta in graduatoria per l’insegnamento. Sì, perché una come lei con due esami sul libretto, una contraddizione nello spirito e un’ignoranza che si insinua in ogni angolo del cervello può pure stare in graduatoria! Avrei voluto dirle che col maestro unico sta fuori pure chi sta in graduatoria, ma le ho evitato il dispiacere lasciandola
Felicia e contenta.

La vita tra queste mura continua ad essere un mestiere gramo, non c’è niente da fare.Ringrazio la mia famiglia per l’ottimo gioco di squadra che sta portando avanti, nessuno sa affondare in una maniera così dolce che equivalga la nostra.
Dico sul serio, stiamo là là per toccare il fondo però annaspiamo con una dignità invidiabile.
Papà deve sentire che noi ci siamo, lo deve sentire quando gli prepariamo il pigiama pulito o quando gli somministriamo i medicinali accompagnati dai baci che servono adesso, e che servivano anche prima quando mio fratello, mia sorella ed io eravamo piccoli, ma che non ci sono mai stati. Lo deve sentire quando mia sorella telefona e tra una stronzata e l’altra dice ci sto pure io, anche se da Pisa arriva solamente l'eco.
Esserci con tutto il corpo e tutta la mente, solo così noi possiamo aiutarlo a rimanere a galla. E ci siamo, giuro che ci siamo e nessuno sa farsi sentire così attento come noi.
Mi sembra che i venti abbiano voluto fare di lui la loro preda solo per garantirci l’impressione di poter riscattarci: ogni giorno che passa mi sembra di avere la possibilità di poter cominciare un’altra vita.
Il dolore unisce molto più della gioia, io questo lo sento in maniera ineffabile.

Ad ogni modo mi viene da dire, dopo un pomeriggio di interazione e di stronzate che riempiono la pancia di risate, mi viene da dire grazie ai miei amici che fanno sembrare le giornate di pioggia cupe e impietose di Pomigliano come fossero splendidi giorni di sole passati al luna park.


Prefer et obdura.Dolor hic tibi proderit olim.

[Ovidio]