venerdì 28 novembre 2008

Senti che fuori piove, senti che bel rumore

Lentamente divento più leggera, nemmeno tanto lentamente a dire il vero, e scopro che quella felicità che credevo dovesse derivarne, essere una diretta conseguenza, tarda a venire. In parole povere, mi rendo conto che non me ne frega niente. Adesso, eh, intendiamoci. Non penso che sia stata un'illusione tutto quel dolore, e questo è il secondo Natale che arriva e c'è ancora Maurizio. Ci penso e ho compassione di me stessa, sì, compassione. Ho imparato le parole che non riuscivo a far entrare nel mio vocabolario.
C o m p a s s i o n e: non c'è proprio niente di indegno se riesco a provarne per me stessa, se posso essere più indulgente e benevola.
Sono settimane che piove, piove di una pioggia neppure troppo quieta. E per me va bene.
Amo la pioggia, non l'ho mai negato. La amo con i suoi odori, i suoi colori e i miei umori. E' così dolcemente struggente, dilaniante, scende dal cielo come un modo per sentirmi veramente parte di questo progetto, per sentirmi meno fuori, meno dissonante, meno inadatta.
A settembre quando alle sei del pomeriggio il cielo era ancora chiaro, andando a fare allenamento è capitato spesso che sulla Caserta-Roma piovesse e, contemporaneamente, ci fosse l'arcobaleno. Per una settimana intera è stato così: ogni giorno veniva a dirmi che in fondo passerà, un giorno.
Non sappiamo ancora quando, ma probabilmente vorrà passare.

Papà ancora non si è tirato giù dal letto, non collabora, però se guardo ad agosto e poi guardo ad oggi mi dico che col passare dei mesi è passato anche il peggio. E' come se pian piano la strada si appiattisse e non c'è motivo per cui io possa dire "è inesorabile".
Capite, va meglio rispetto ad una vita intera passata tra il silenzio e gli sbagli nascosti, figli di un disturbo bastardo che ancora ci prova a mangiarselo vivo, ma che noi allontaniamo. Con la chimica, per forza. Ma con l'amore innanzitutto.
E ad ogni modo, penso che in fondo sia stato meglio così. E' stato un crollo, e ogni crollo è il presupposto di una sana ricostruzione.
Adesso va meglio, quantomeno papà tira fuori quello che sente.

E' quando non si riesce a tirarlo fuori, che c'è da aver paura. Allora le emozioni si accumulano dentro il corpo e si induriscono. E quando molte emozioni si sono indurite muoiono dentro il nostro corpo. Quando questo succede, c'è poco da scherzare.
Ad agosto ero disperata, mi sentivo la vittima di una sequenza beffarda di eventi al cui cospetto non potevo nulla. Disarmata, disorientata. E poi il pensiero di dover affrontare un altro lungo calvario, anche se non ne sarei stata io la protagonista.
Adesso, invece, si è innestato un meccanismo che mi consente di andare avanti bene o male, andare avanti tra rinunce che dico che "tanto non mi fanno soffrire" e dubbi che poi sembrano insolubili.

Non dobbiamo avere fretta, anche se sembra impossibile.
Non avere fretta. Anche se la situazione diventa tanto aggrovigliata da sembrare incontrollabile, farsi prendere dalla disperazione o dall'impazienza e forzare le cose sarebbe un grave errore. Bisogna sciogliere tutti quei nodi ad uno ad uno, piano piano, prendendo tutto il tempo che ci vuole.
Andiamo avanti, e ogni giorno che passa è una battaglia vinta in nome della conquista della normalità. Ogni giorno che viene è un giorno che si abbatte su questa stanza violentemente, e il suo sconquasso ci dice che è un giorno da capire, che ha portato di nuovo con sè cose importanti.
Nella burrasca abbiamo scoperto quanto possiamo essere forti noi cinque da soli, papà incluso (anche se in quello stato). Abbiamo scoperto la dolcezza di un momento davanti al televisore, perchè di spazi vuoti non ce ne sono mai, e quando arrivano fanno da palliativo. Abbiamo scoperto che squadra forte che siamo, tecnicamente e tatticamente.

L'ultimo pensiero di questa mattinata uggiosa è per mia nonna, che continua la degenza a casa di mia zia. Mi manchi, Nanni.


N.b. A proposito di squadra, inutile dirlo, ma il mio porto sicuro è a Caserta, nella palestra della scuola media Vanvitelli di Centurano.

VOLALTO, SEI TU LA MIA FORZA!

sabato 22 novembre 2008

Annozero del 20/11/08

Barbareschi, non c'è che dire, sei più simpatico come ospite di Scherzi A Parte!













N.b. Erasmo for president!

lunedì 17 novembre 2008

Come on, passerà

Mi aiuterà il solletico, spero faccia ridere.
Mi sentirò un po' stupida, ma se serve a smettere...
COME ON, COME ON, COME ON PASSERà!

[Scusa se non piango- Negramaro]



Dopodomani ci saranno loro al Palamaggiò. Ma io sarò in palestra ad allenarmi, nemmeno troppo distante, perchè una sola cosa mi è rimasta, la pallavolo. E non posso privarmene. Nessuno può togliermi l'ultimo motivo per riuscire a guardare oltre le nuvole.Per la seconda volta non potrò esserci. E' un desiderio da niente, lo so, però mi fa male non poterlo assecondare.

Mi farò bastare il ricordo del 13 luglio dell'anno scorso, il ricordo di un'infiammata Arena Flegrea.

Ho imparato a desiderare cose minuscole, e forse è meglio così.
Come on, passerà.

venerdì 14 novembre 2008

Dentro gli occhi

Noi ci ritroveremo ancora insieme davanti a una finestra ma molte molte lune in là e poche stelle in meno, e forse sarai stanco per la corsa del topo, probabilmente vecchio per inventare un nuovo gioco. Dimmi come t'inganni e quando avrò i tuoi anni? Lei ci avrà già lasciato in fondo a qualche data, probabilmente a maggio, ma lei per te sarà meno di un'ombra, l'ombra di un altro viaggio, perchè i ricordi cambiano come cambia la pelle e tu ne avrai di nuovi e luminosi come le stelle. E comunque vada guardami dentro gli occhi, gli occhi ch'eran bambini, guardami dentro gli occhi. E non verranno i briganti a derubarti di notte perchè tutti i briganti prenderanno le botte.E non verranno i pirati perchè tutti i pirati andranno in fondo al mare. E non verranno i piemontesi ad assalire Gaeta con le loro land rover, con le loro toyota. E se verranno gli indiani con i lunghi coltelli noi daremo le botte, le botte anche a quelli. E adesso chiudi i tuoi occhi, chiudi gli occhi che ho sonno, son vent'anni che guardo e che non dormo. E i nostri figli se ne andranno per il mondo come fogli di carta sopra lunghi stivali silenziosi e li avremo già persi, ed una incontrerà tutti quelli che io sono già stato e ci farà l'amore come in un sogno disperato, scriverà sui cerini parole da bambini. E le parole invece tu le mischierai tutte dentro un cappello, alla tua età scrivere una canzone non sarà più che quello. E non so che farai, chi vedrai, se crederai a qualcuno, se ci sarà una donna con te o forse - meglio - nessuno, ma comunque vada guardami dentro gli occhi, gli occhi ch'eran bambini, guardami dentro gli occhi. E non verranno i briganti a derubarti di notte perchè tutti i briganti prenderanno le botte.E non verranno i pirati perchè tutti i pirati andranno in fondo al mare. E non verranno i piemontesi ad assalire Gaeta con le loro land rover, con le loro toyota. E se verranno gli indiani con i lunghi coltelli noi daremo le botte, le botte anche a quelli.
E adesso chiudi i tuoi occhi, chiudi gli occhi che ho sonno, son vent'anni che guardo e che non dormo.


[Roberto Vecchioni]


venerdì 7 novembre 2008

'A vita è 'na tarantella...

...e io nun sacc' abballà.

martedì 4 novembre 2008

Tu dimmi quando questa guerra finirà

Si straccia il mondo intorno a me.
La mia vita continua a sgretolarsi, i pezzi del crollo cadono addosso e fanno male, arrivano al cuore come scariche violente ed è violento non sapere quando questa guerra finirà.
Cadono domande, fiotti di domande scorrono in testa, prendono vita sulla bocca. Sono le risposte, che mancano.
Sabato sera torno da Caserta contenta di aver trovato uno spazio per me e dispiaciuta soltanto per la terza di campionato persa 3-1 contro il Jambo. Un po' di amarezza ma tanta voglia di guardare avanti.
Dicevo, torno a casa contenta, sarei dovuta uscire con mia sorella e quattro quinti di casa Curion più altra gente comunitaria, più Bernardina.
Arrivo a casa, apro la porta d'ingresso e mio fratello mi dice che nonna è stata portata in ospedale.
Ritornando alla storia delle cose che, mò ci vuole, ti passano dentro come un treno senza stazione, ho provato a ripetere a mente quello che avevo sentito e che non riuscivo a realizzare. Sempre, in questi casi, è come se la mia testa non accogliesse subito la notizia ascoltata. Come si vede nei film dove gli attori recitano la parte di quelli che apprendono una cosa strabiliante/stravolgente/allucinante e vedi che cadono in una trance che può durare fino a due minuti di film. L'unica cosa che sono riuscita a pensare in quel momento è che si trattasse di uno scherzo. Invece no, piove sul bagnato. Vuol piovere sul bagnato e così sia.
Mia nonna ha 84 anni. Nella mia testa e nel mio cuore da sempre ai primi posti. Purtroppo da tre settimane non è più a casa con noi: sta momentaneamente da mia zia, "in attesa che mio padre guarisca". Era diventato impossibile badare a tutti e due. E' vero, noi Cetro siamo scapestrati, siamo una famiglia sgarrupata, e il mulino bianco non ci ingaggerebbe mai e poi mai per uno spot. Però ci vogliamo bene. Siamo sinceri e solidali tra di noi. Parlo di noi sei (includo la nonna, per me è una di noi) ovviamente, perchè i miei cinque sono la mia famiglia (tutto il resto è noia. Zii, cugini: se prima non ci credevo, adesso provo ripugnanza).
Ci vogliamo bene, siamo una bella squadra. Non me la ricordo più l'ultima volta che siamo stati sereni, e se devo essere sincera è proprio questo che manca. Forse SOLAMENTE questo.Data la sequenza di fatti assurdi, tanto quanto dolorosi, che ha deciso di manifestarsi dentro queste quattro mura da un po' di anni, non me lo chiedo più cosa sia la felicità. Nel senso che non mi importa più tanto saperlo. La felicità non esiste e se esiste è un istante, e quell'istante, quando non si concretizza, resta una chimera. Bisogna smettere di credere di poterla acchiappare. Anzi, bisognerebbe proprio smettere di rincorrerla, questa benedetta felicità. Io non sono felice, e soprattutto perchè comincio a pensare di non aver avuto ancora occasione di sperimentarlo quell'istante. Ci sono stati alti e bassi, questo sì. Ma la felicità, già per il rumore che fa quando la articoli sulle labbra, deve essere proprio qualcosa di immenso.
Ho sperimentato l'assenza di dolore. Non ricordo più l'ultima volta, però sarei bugiarda se dicessi che questa vita è stata un travaglio continuo. Cioè, ci sono stati attimi di serenità, il punto è che me ne accorgo solo adesso, pensandoci. Attimi di normalità che se venisse adesso chinerei il capo e non oserei chiedere nient'altro.

Nonna al momento è ricoverata all'ospedale di Pollena Trocchia, purtroppo.
L'aritmia cardiaca le ha tolto il respiro un' altra volta, la fibrillazione ha stoppato il transito del sangue verso il cervello. E 84 anni non sono uno scherzo.
Ieri ho fatto la nottata accanto a lei, anche per evitare altri discorsi beceri e infimi riguardo il chi ha fatto di più e il chi ha fatto di meno, anche se i processati non siamo noi cinque che "per carità vi siete sempre fatti il culo, ci mancherebbe". Tutto quello che abbiamo fatto noi cinque -e parlo di NOI CINQUE- per lei non siamo mai andati a gridarlo ai quattro venti sperando che dal cielo cadesse una giusta ricompensa o che il pubblico ci applaudisse. E non siamo disposti a barattarlo per un po' della vostra benevolenza, sia chiaro.
Dall'ultima volta che ho visto nonna in uno squallido letto dell'Apicella sono passati nove anni. Dall'ultima volta che l'ho vista in un letto d'ospedale e basta, ne sono passati due. Pensavo che potesse bastare ma evidentemente mi sbagliavo.
Mi ricordo di uno scritto bellissimo che avevo partorito due anni fa, quando lei è stata operata al cervello a Benevento e contemporaneamente il mio cervello, entrato in stand by, si è chiuso a chiave in questa stanza. Purtroppo quello scritto l'ho perso perchè bloggers se l'è mangiato e non lo riavrò mai più indietro. Quando penso a mia nonna le parole arrivano dolci, sempre.
Mi ricordo l'elegia di Mimnermo che da sola nella mia stanza avevo letto per lei ad alta voce, e la gioia di poterne dimenticare le parole, non dover pensare più a quella sofferenza, nel momento del suo ritorno a casa. La nottata in ospedale è stata terribile (non per me, è chiaro, per ognuno dei miei cinque potrei fermare il mondo).
La puzza della stanza 7 di ortopedia è terribile. Sono terribili gli infermieri che litigando, nei corridoi, arrivano alle mani. Sono terribili gli armadietti arrugginiti e i letti con la manovella rotta. Terribile il modo in cui gli infermieri approcciano ai malati: sembra un rito da catena di montaggio, stessi gesti, stesse parole, stesso impassibile e sterile modo di fare.
Mi risuona ancora nelle orecchie la voce del vecchio che sta in ortopedia 8 e che per tutta la notte tra domenica e lunedì non ha fatto altro che gridare aiuto. Mia nonna dormiva, il suo respiro era ancora affannato però dormiva. E in ogni caso c'ero io con lei. Il vecchio di ortopedia 8 invece era da solo. Niente nipotina a tenergli la mano, a fargli inghiottire la pillolina, a dargli da bere eccetera. Solo, completamente solo, cercava aiuto. Ma la sua voce è rimasta inascoltata: ho girato l'ospedale in lungo e largo per far sì che un infermiere gli prestasse soccorso, ma in giro non c'era nessuno. E non è necessario che sia io a spiegare quanto sia grave lasciare i malati con problemi cardiaci nel reparto ortopedia -perchè in cardiologia non c'è posto- da SOLI. Completamente S O L I.
Mia nonna ha me, ha noi, ma il resto del mondo chi cazzo ha?
La ciliegina sulla torta ce l'ha messa l'infermiere che è venuto ieri mattina a farle il prelievo e che al mio "scusi, nonna ha di nuovo l'affanno", ha risposto "e c'amma fà, nun fa nient'!".Riferimenti al resto della "mia famiglia" (e qui entrano in ballo vari zii, cugini eccetera) non voglio farne. I loro comportamenti sono fin troppo eloquenti, le mie parole sarebbero inutili. Mi importa esclusivamente di Nanninella che, ricordatevelo, è STATA SEMPRE CON NOI.
Risparmiatemi le vostre luride questioni.
Non adesso, occhei, ma ricordatevi che vi farete vecchi pure voi, come dice sempre la nonna. E quando diventerete vecchi, tanto vecchi da stanza di ospedale, io vi auguro di non avere nessuno al vostro capezzale.

sabato 1 novembre 2008

A Maria Rosaria

Senza presunzione, penso che abbiamo fatto parte del gruppo Giovanissimi più forte che la Comunità abbia mai avuto.
Adesso vengo a sapere che un camion ti ha trascinata direttamente al coma farmacologico, e ci resto di sasso.
Certe cose le puoi pure ripetere ad alta voce, ma è come se non le potessi assimilare veramente, anzi, più le elabori più non riesci a capacitartene.
Mi allontano dalla Comunità e questa lontananza mi si ritorce contro in troppi modi.
Lentiggine, stasera diventi protagonista delle preghiere che non ho più il coraggio, l'umiltà e la fiducia di fare. E' troppo presto per salutarci, perciò combatti. Ed escine vincitrice, possibilmente.
Imboccherei Rione Trieste adesso, se sapessi di poterti ritrovare in piedi, completamente viva.
Forza Maria Rosaria.