domenica 28 dicembre 2008

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*..le distratte corse libere nei cuori a volte fanno meglio delle grandi cose..*



giovedì 25 dicembre 2008

New Renaissance

Caro Babbo Natale (mò tutti i bigotti banaloni a pensare che sono una pagana materialista),
mi rivolgo a te perchè ho pensato ma hai capito proprio oggi quanti hanno scritto a quel povero Cristo di Gesù Cristo?
Perciò mi rivolgo a te, perchè così su sei miliardi di persone ce n'è una che il bambinello lo fa almeno nascere prima di tartassarlo con richieste, preghiere e letterine occasionali. E poi, parliamoci chiaro: tu c'avrai pure da fare ma le tue responsabilità sono annuali, poi comunque se succede qualcosa la gente subito jastemma* (bestemmia), mica si mette a dire mannaggia a Babbo Natale?
Qua come al solito non si capisce niente. Qua, a Pomigliano d'Arco, in questo posto che a volte penso mamma mia chissà se Gesù Cristo si ricorda di averlo creato un posto così, e altre volte invece, magari quando vedo che il colera dilaga in Zimbabwe dico
mamma mia meno male che Gesù Cristo l'ha creato questo posto così!
Caro Babbo Natale, qui è Natale un'altra volta ed io già mi immagino la collera che ti sta avvelenando il corpo, in fondo sti regali non se li merita quasi nessuno. Io personalmente non ho niente da chiederti, però avrei comunque due cose da dirti, e quindi voglio sperare che tra le tante letterine non sia proprio la mia quella più guallerosa* (pallosa) di tutte.
Io a te ci credo e l'unico sfizio che ancora resta insoddisfatto e sospeso è quello di conoscerti di persona, proprio vederti in carne ed ossa.
Mi sono proprio sfasteriata* (scocciata) di guardare il tuo pezzotto* (fasullo) in quella foto di quando avevo manco un anno: stavo in braccio a un Babbo Natale che si sarà chiamato Giorgio e la Finlandia non la sapeva manco individuare sulla cartina geografica! Peraltro quando guardo quella foto mi sento male, somatizzo, e così penso di poter soffocare da un momento all'altro: quel cretino mi teneva stretta, ma stretta come se volesse farmi schiattare. E poi mi chiedo ma io che cavolini di Bruxelles ci facevo in braccio a uno che di tuo non tiene manco un pelo della bianchissimissima barba? Nera!, che dico ma che caspito, un po' di tintura bianca per essere più credibile te la potevi azzeccare in faccia!, e poi quella linea perfetta che non dico devi ingrassare per farti le foto con i bambini! ma perlomeno un cuscino sotto alla panza, e che cavolo veramente!
Quindi, Babbo Natale, togli a tutti sti magnafranchi* (parassiti) che girano per le strade e si spacciano per tuoi funzionari manco fossero gli apostoli mandati da Dio! Falli scomparire tutti nei tuoi sacchi di tela infiniti, dalli in pasto alle tue renne, investili con la slitta, falli rimanere incastrati a testa in giù nei comignoli delle case di tutto il mondo.. che ne so Babbo Natà, fai tu, ma in qualche modo fai, perchè mi stanno antipatici, non ci mettono passione! Grazie che poi i bambini dicono ma quale Babbo Natale, Babbo Natale non esiste, tu sei zio Pino! E comunque basta preamboli.
Devi pensare che io, poi, qualche notte fa pensavo uh Gesù ma tengo 20 anni. Non è grave lo so, ma ci sono cose che pure a ripeterle quotidianamente non ci stai poi così in confidenza, non le realizzi, non te le senti addosso.
Ma poi voglio dire, venti anni! Sai che significa?
Significa che questo è il mio ventesimo Natale e saranno almeno dieci gli anni che tu non passi da qua. Ma ce l'hai con me, Babbo Natà?
Una volta, la metà di venti anni fa, ti lasciai un barattolo di nutella da duecentocinquanta grammi sul tavolo del soggiorno, con accanto un cucchiaio col manico rosso perchè tu potessi mangiarla. Ti avevo preparato anche un tovagliolo, me lo ricordo benissimo. Io sono un po' fissata su queste cose, già di natura sono un po' maniacale, poi per gli altri devo mettere tutto apposto, deve essere tutto pronto. Che poi pensa com'è strana la vita, faccio sempre in modo che sia tutto lineare e geometricamente squadrato però ci rimango male se mi accorgo che alla fine le cose cambiano nel loro ordine ma non nella loro essenza. E' deprimente ma è anche la verità. Ad esempio, dopo tutti i pugni nello stomaco che mi sono data ho capito che o così o con venti kili in meno la mia vita sarebbe comunque la stessa. Nel senso che io sarei sempre io. E tutto il resto sarebbe comunque tutto il mio resto, se capisci cosa intendo dire. Ma comunque lasciamo stare sti discorsi.
Devo proprio rimproverarti! Ma tu ti rendi conto?..il vasettone di nutella, il cucchiaio col manico rosso e perfino il tovagliolo per pulirti la barba, che manco al Ritz a Parigi ti avrebbero accolto così bene...e poi vengo a sapere che la nutella l'aveva buttata giù a chucchiaiate papà, e col tuo presunto permesso!
E non finisce qui.
Vogliamo parlare di quell'anno in cui la swatch lanciò sul mercato quell' orologio-bellissimo-che mia cugina Annalisa ce l'aveva tale e quale-uguale e spiccicato!, quell'orologio col quadrante raffigurante i visi dei bambini di tutto il mondo, ne vogliamo parlare?
La sera della vigilia di Natale di quell'anno eravamo a cena da zia Carmela e tra una fella di capitone e una scella di baccalà (è esigenza linguistico-formale, non mi piace il capitone e manco il baccalà) zio Franco mi aveva dato il tuo numero. Era un numero strano e io manco lo sapevo che era quello della scheda di un telefonino (quello di zio Franco, per l'appunto!). Però lui mi disse Robè a zio, chiama che questo è il numero di Babbo Natale. Io ti chiamai quella sera. Ti chiamai e ti richiamai. Ma rispondeva sempre la stessa voce della stessa signorina che diceva che il cliente non era raggiungibile. La mattina dopo, sotto l'albero, trovai l'orologio e fui, forse, anche contenta, però pensai anche che tu non mi avevi risposto al telefono.
Babbo Natà, insomma, a finale* (alla fine) diciamo che di figure di merda con me ne hai azzeccate almeno un paio.
E non sai quanto vorrei che fosse ancora così, Babbo Natà. Davvero, se anche tu non venissi, vorrei perseverare nel crederti.
Io vorrei cercarti ancora con l'entusiasmo della bambina che crede nella bellezza della tua presunta casa, che magari condividi con i presunti gnomi che ti aiutano a incartare i presunti regali. Vorrei lasciarti ancora la nutella sul tavolo assieme al tovagliolo e il cucchiaio col manico rosso per scoprire,poi, che non l'hai presa soltanto per lasciarla tutta a me! Non sai quanto vorrei sapere a memoria quel numero di telefono che mi diede zio Franco, chè se anche sapessi che tanto è il suo e non il tuo, chiamerei chiamerei e chiamerei ancora.
Però ne sono passati di anni, e adesso sono venti.
Preda delle pioggie o col sole nelle mani ogni anno è stato Natale, e lo è di nuovo quest'anno.
Questo è il ventesimo Natale, il ventesimo e forse il primo che so attendere con la leggerezza nel cuore di quando avevo otto anni.
Non voglio nessun regalo, non voglio né amore né pace né serenità anche perchè, parliamoci chiaro, chi sono io per chiederti tutto questo? E poi scrivere in quel tono missionario dimesso e modesto -stomachevole e finto- non fa per me, no, non sono il tipo. Certe parole le lascio a padre Fiorenzo -a proposito, se lo vedi dagli un abbraccio-.
Io non ho niente da chiedere a te né a nessun altro, proprio come chi non ha niente tra le mani. Tutto quello che arriva è guadagnato. (E tutto quello che non arriva va dal ginecologo -battuta squallida e scabrosa, hai ragione, era per alleggerire il tono-).
Non voglio niente, proprio niente.

Non ti chiedo la costanza perchè la costanza è qualcosa di così immenso e potente che nel comignolo del mio camino non ce ne entra nemmeno un quarto. Non ti chiedo l'amore perchè l'amore è troppo pure per la tua slitta. E' sublime, da prendere al volo, l'amore mica viene così! E' un fenomeno, tipo l'Etna in eruzione. Sublime. E non è un caso il fatto che io non abbia mai visto l'Etna in eruzione.
Non ti chiedo la pazienza perchè ho scoperto che ne tengo una scorta inesauribile giù nella puteca* (deposito), in mezzo alla farina e alle freselle.

Non ti chiedo manco di farmi andare in serie A perchè ho capito che al di là dei sogni esiste una sfera importante, non trascurabile, questa sfera si chiama realtà. E fare i conti con la realtà significa fare i conti con la consapevolezza di sè e del mondo.
Non ti chiedo di essere diversa o più magra o più bella perchè tu non sei Gesù Bambino (altrochè, qua ci vorrebbe proprio Jucas Casella) e quindi non fai i miracoli. E anche se tu fossi miracoloso non sono tornacontista o ipocrita come Annamaria L. G., che al liceo andava in Chiesa ad accendere un cero prima di entrare a scuola o si baciava le foto di Padre Pio se la Cimmino la doveva interrogare.
Caro Babbo Natà io sono questa, sono così, e sono io.
Anche la mia famiglia è questa, è così, ed è la mia famiglia.
E' la mia vita, capisci, la mia.
A soffrire ho sofferto, hai voglia! Però oggi va meglio. In queste sabbie mobili ci sto nuotando che è una meraviglia, e con stile.
Ho addobbato il panificio, ho fatto l'albero, ho comprato i regali e addirittura non ho nemmeno disprezzato troppo la gente che intasa l'asse mediano per andare all'ipercoop, e io faccio tardi all'allenamento, figurati! E poi, pensa, quell'imballata* (imbranata) di mia sorella Rosa ha messo il presepe precostruito, una specie di casetta che tiene i pastori attaccati col doppio attack. Pensa che io ho pure provato a staccare il bambinello ma non ce l'ho fatta. E così a casa mia Gesù Bambino è nato il 18 dicembre, c'amma fà* (che dobbiamo fare). Sono riuscita a perdonare pure lei!
Come ti dicevo, ci sto tutta nelle sabbie mobili. Non mi piace, è ovvio, però mi piace rimanere a galla, se capisci cosa voglio dire.
Io non sono pratica degli equilibri, delle cose che funzionano, delle reazioni chimiche e fisiche eccetera, delle logiche e delle operazioni che se cambi l'ordine degli addendi il risultato non cambia. Io ancora non ho capito com'è che sia possibile che se canto una canzone a mente, al contempo, mia sorella la canta ad alta voce! Cioè proprio questa storia delle reazioni e delle interazioni io non la capisco.
Come se la vita fosse un'alchimia perfetta.
Mò scusa se parlo come un libro stracciato ma tanto ci siamo capiti, e oggi non sono nemmeno troppo crepuscolare: fa parte di questa lettera, l'ho voluto io. Doveva essere così. Doveva essere la parte di me meno intricata e riflessiva, quella più semplice e spontanea, quella più chiara e decisa come questa bella giornata di sole che è venuta. Il dieci per cento insomma, proprio come quest'unica giornata di sole dopo un mese di diluvi infernali -ed io amo i diluvi infernali-.
Io sto bene, e non succede più quella cosa che se lo dico mi viene da mordermi il labbro inferiore o da grattarmi i gomiti o strofinarmi i palmi delle mani sulle cosce.
Cioè, in tutto quest'inferno io sto ugualmente respirando -a parte il raffreddore causato dalla doccia gelida in palestra, per colpa di Tani-.
Sto respirando un'aria che mi sembra pulita. E non mi incazzo se il pescivendolo qua avanti ha reso il marciapiede impraticabile, come ogni volta. E non mi incazzo se qua fuori la strada è bloccata, perchè tanto io esco a piedi. E non mi incazzo come l'anno scorso che, stessa ora e stesso giorno, stavo in quello studio a fare terapia: devo andarci tra mezz'ora e non vedo l'ora!
Non sai che soddisfazione, ho pure desiderato comprare i regali. Le tasche di mio fratello l'hanno desiderato un po' meno, ma
nun te preoccupà, nun voglio quacche cosa di soldi da te!
Comunque ne ho comprati sei di regali, e non lo so se è perchè voglio bene solo a sei persone, non credo. Ma per quelle sei persone ci ho messo tutto il cuore possibile. Senza formalismi, senza convenzioni, senza costrizioni, senza la sensazione di stare in riserva di ossigeno, senza l'impressione di stare in una stanza che brucia priva pure dell'uscita di sicurezza.
Quindi caro Babbino, io da te non voglio niente, soprattutto perchè il tuo regalo mi è già arrivato tre mesi fa, anche se forse non te ne ricordi. Il tuo regalo l'ho scartato a settembre e porta un nome che se lo articoli sulle labbra nasce una melodia perfetta, che non te la scordi più: VolAlto.
Insomma Babbo Natà, che t'aggia ricere...* (che ti devo dire...)
Io il ferryboat che luntano ce porta e nun ce fa penzà lo aspetto sempre, ancora e sempre.
Ma senza fretta, adesso.
In fondo "ognuno di noi è come un bastoncino d'incenso: ogni giorno si accende e poi si spegne.
Però mentre brucia è una cosa meravigliosa."


venerdì 19 dicembre 2008

Mane e mane (int 'a stu fridd che fà)

Stasera ancora Yann Tiersen a scivolarmi dentro le orecchie. Ma senza che il bisogno di essere altrove sia irresistibile, stavolta.
E' tornata Lilo da Pisa. /E' quasi Natale. /Oggi papà ha sorriso tre volte.
E vivere è questo, alla fine è tutto qui.
Chi nun cunosce 'o scuro nun po' capì 'a luce.
Ho imparato a godere così tanto delle piccolezze che se riuscissi a ricordarmi la combinazione per il resto dei miei giorni, allora chissenefotterebbe della felicità. Non sono soddisfatta nè al culmine della gioia di vivere. Ma mi sento respirare, e mi piace.
C'è vita se decido di rimanere viva.
C'è vita in una passeggiata nel gelo e nell'uggia stazionaria pomiglianese accanto a mia sorella, mentre ridiamo delle babbee Natale. C'è vita in Marialaura e PePPe la PaPoscia che mi chiamano e mi dicono aspetta-stai-ferma-non-ti-muovere-ti-raggiungiamo. C'è vita nel momento in cui appare un Vincenzo Passariello in dimensioni smisurate e in quella faccia da guappo ci ritrovo tutte le mensili di anni indelebili, e vagoni di risate fragorose dei tempi in cui la Comunità era il mio eden. C'è vita in quel piccolino di Gianmarco che se potessi me lo sposerei adesso-ora-mò-mò, e non solo per l'husky di peluche che mi ha comprato alla fiera missionaria, -assicurando qualcosa che somigli alla bozza di un sorriso per i bambini Messicani- ma per l'amore che ci mette quando mi abbraccia, quando mi cerca. E non me ne frega proprio niente dei diciassetteanniquasidiciotto, io ti sposo lo stesso.
C'è vita attorno, dentro, se apro le orecchie, se decido di lasciarmi attraversare.
Fa male. Fa bene. A volte raggela il sangue nelle vene. A volte lo scioglie. A volte prende a stringere il collo in un modo che penso adesso si può solo scappare, torre-di-controllo-aiuto-sto-finendo-l'aria-dentro-al-serbatoio. Altre volte mi lega le caviglie e mi convince a restare.
Ad ogni modo -e questo rimane tra me e te, te lo giuro- devo dire due cose a quell'uomo che fa finta di dormire, a tre passi dalla mia stanza: è andata bene, papà. E' andata meglio di come ti aspettassi.
Ti ho perdonato, papà. In vent' anni non ce l'ho mai fatta, innanzitutto perchè non ho mai voluto provarci. Invece poi.
Invece poi ci ho messo appena quattro set per perdonarti, il tempo di un'amichevole a Castellammare, ieri sera. Non riuscivo ad esserci con le altre, perchè c'eri tu nella mia testa mentre Michela mi diceva forza Bobbe, adesso proviamo palla due. Pensavo a come ti saresti sentito oggi per questo benedetto compleanno, che quando si sta così, io lo so, il compleanno è già un motivo troppo serio per avere voglia di buttarsi sotto al primo treno. E comunque che ne sapevo io se ti avrebbe portato qualcosa di buono.
A me ha portato la sicurezza di averti perdonato. Mi ha portato la tenerezza per un uomo di cinquantasei anni che non ha mai conosciuto tenerezza.
Siamo figli dello stesso temporale ma io non sono come te, papà. E posso dirlo forte ad alta voce ma senza boria, senza la rancorosa e meschina vanagloria di disdegnarti. Non ho paura di un abbraccio. Non ho paura di dire che amo.
E presto anche tu non avrai più paura.
Buon compleanno orsacchiò, da qualche minuto è passato ma ancora e sempre
Buon Compleanno.


'na stella guard'o munnoe dint'o munno se perde
e chi è tempesta 'e nottemare addiventa
e l'acqua 'nfonn' 'e pann'e arrugginisc' 'e cannune
neve d' 'o deserto sabbia d' 'o vesuvio
mane e mane
int' 'a stu fridd' che fa'
o viento ca vene'o viento ca va
mane e mane
sott' a 'nu cielo zulù
'o vient pe' sempe'o vient mai 'cchiù
béka lonbéka lon koo moloulé dèlakambolo di gnogomabéka lonbéka lon koo moloulé dèlakahakilike keléndi keléndie
chi nun cunusce 'o scuronun po' capì 'a luce
nisciuno sape 'a n'ato
ognuno è sulo
'na stella guard'o munno
e dint'o munno se move
e chi è erba argento
ghiaccio s' arretrova
e ll'acqua 'nfonn' 'e nave
arrugginisce 'e catene
'e valig' c'o' spavo
'e paure d'aier
konko yè moloukancbèlèya ye moloukankèlè mabori lèno wokèlayankaro yé moloukantoroya yé moloukankèlè maborì lèno wokèlaalouye mirissa anyé farakèlema tougna
mane e mane
int' 'a stu friddo che fa
'o viento ca viene
'o viento ca va
mane e mane
sott' a 'nu cielo zulù
'o vient pe' sempe
'o vient mai 'cchiù
bèka lonbèka lon koo moloulè délakambolo di gnogomabéka lonbéka lon koo moloulè délakahakilike keléndi keléndi


[Mane e mane- Enzo Avitabile & Mori Kante]

mercoledì 17 dicembre 2008

Che poi, come si ride quando un pelo cade?

Concorsi a premi:

T. :"Uha Robè, lo sai, coi punti della Q8 ho preso la pietra LAICA!"



[Chiariamoci, mica mi sveglio per scrivere ste stronzate.
Non dormo, e c'amma fa'?!
Adda passà 'a nuttata.]

martedì 16 dicembre 2008

Raid aereo sul paese delle farfalle

VORREI ESSERE LONTANA A VOLTE, COME SE ESISTESSERO LUOGHI IN CUI ALLA MENTE NON ARRIVANO TIMORI DI CONOSCERE TROPPO E DI NON SAPERE NULLA.

domenica 14 dicembre 2008

Si tu n'étais pas là

E' tempo di cullare i dolori metafisici, stasera.
Mi arrampico allo scaffale della libreria nella stanza di Vincenzo, allungo la mano destra verso il ripiano centrale, poi faccio scivolare la punta delle dita tra il porta cd. E comincio a cercare forsennatamente, come chi crede che per salvarsi sia necessario trovare quella determinata cosa e con la presunzione di chi crede che ci sia ancora un modo per salvarsi.
Lo trovo: le musiche de Il favoloso mondo di Amélie, Yann Tiersen. Preparo l'anima ad accogliere l'esperienza dell'estasi.
Soffio sulla facciata della custodia del cd per scansarne la polvere e poi, scrupolosa e delicata, mi faccio aiutare dall'indice della mia mano destra. Bisogna essere delicati con le cose delicate.
Non ricordo il giorno preciso in cui ho messo da parte questo cd, però ricordo di averlo fatto volutamente. Senza delicatezza, affatto. Al contrario, con l'ardore di chi crede che per salvarsi sia necessario fare quella determinata cosa e con la presunzione di chi crede che sia possibile smantellare i ricordi deponendone un oggetto rappresentativo. Ad esempio un disco.
Torno nella mia stanza, mi lascio dietro la porta, papà, mamma, la partita di oggi pomeriggio. Mi lascio dietro il mondo di tutti per restare da sola nel mio.
Les jours tristes, la valse d'Amélie, l'apres midi, la noyee, pas si simple...
Il disco procede ed io mi accorgo che ancora riesce a sfamare, in maniera soddisfacente, il mio bisogno di alienazione.
Play, i piedi si sollevano. Play, se abbasso gli occhi scorgo lontane le nuvole.
Play, qui non c'è spazio.
Play, io sono altrove.


"L'angoscia del tempo che passa ci fa parlare del tempo che fa."

(dal film Il favoloso mondo di Amélie)

sabato 13 dicembre 2008

La verità del mondo è nelle mani dei filosofi

Esilarante gag al panificio Cetro.
Entra il professore F.E., mio insegnante di filo(e cucito)sofia e storia al liceo.

Io :"Eee professore, come state?"

F.E. :"We Robertì bene bene, e sai pucchè? Pucchè mo che stong in pensione almeno nun agg a cche ffà cu 'a Cimmino!"

giovedì 11 dicembre 2008

Gigione sei tu il mio pastore (quanto sono tragicomica)

La cattiva fama della Gelmini e i cortei nel cuore di Napoli sembrano già essersi dissolti.
Hanno saputo acquietarci anche questa volta, come sempre. Mi faccio i complimenti, brava Robertì.
La cosa più grave è che non riesco a sentirmi in colpa.
Se i contesti importanti smettono di essere importanti quando la televisione non li ospita più, non posso farci niente. Se i contesti importanti sono esclusivamente quelli trainabili nei salotti televisivi, se le parole importanti se le rubano gli opinionisti che discutono un po' di tutto, non può essere solo colpa mia.
Tecnicamente ne sono responsabile, e sono d'accordo. C'è in gioco la mia vita, non l'aria fritta. E se lascio andare, se mi lascio andare, sono responsabile delle conseguenze che ne derivano.
Il punto è che mi sento responsabile anche della felicità altrui, e della mia famiglia nello specifico. E quando le famiglie sono come la mia famiglia è meglio lasciar perdere la propria vita e pensare a come rendere vivibile quella degli altri componenti del nido.
E' più faticoso di un lavoro, e sono sicura che chiunque altro al mio posto vorrebbe barattare ogni sua singola giornata con otto ore in miniera. Ci metto tutte e due le mani sul fuoco, poi le scanso che non sia mai mi scotto.
A fine giornata infilo le mani nelle tasche dei pantaloni per provare l'incasso della giornata. Il discorso per voi si fa interessante, ma lasciate perdere che tanto non parlo di soldi.
Un pezzettino di felicità non ce lo trovo mai. E se ce lo trovassi ed io fossi Re Mida, non oserei nemmeno sfiorarlo per trasformarlo in oro.
Credetemi, la pace interiore vale bene il deposito di zio Paperone. Miss Paperett e Battista -sottopagati- inclusi nel prezzo.
Ma la vita è un po' più forte del mio dirle "grazie no".
La ruota girerà, nell'archivio dei messaggi ricevuti ne ho almeno cento che me lo recitano, e poi con lui in sottofondo che me lo canta allora voglio crederci.
Tutta questa sofferenza mi ha sfinito, preferivo il tempo in cui soffrivo solamente per me. Era più facile, era gestibile quantomeno. Ed era dolce, a suo modo.
Invece no, questa è sofferenza pura. Ed ogni ora è una lotta pura. Una lotta per resistere, per continuare.

Non pensavo che esistesse davvero la possibilità di vivere alla giornata. Mi è sempre sembrato un modo di pensare troppo folkloristico, per non dire bucolico.
Invece no, nemmeno questo: esiste davvero la possibilità di vivere alla giornata.
Si vive alla giornata nel senso che non si sa come sarà quella giornata che viene, quindi non si osa fare programmi nè sperare che sarà meglio, e la sera nel letto non ci sono emozioni a cui tenere le mani sotto al cuscino, non ci sono resoconti da fare a mente, non ci sono messaggini dolci da mandare -figuriamoci da ricevere-. Non c'è niente, proprio niente a parte la stanchezza e la noia di sapere che tanto domani sarà uguale, e lo sarà sicuramente, retorica vade retro!
Non fa bene e non fa male, ed è inevitabile. Vivere è questione di adattamento, di abitudine, di stare al passo, di scandire il ritmo. Una volta che l'organismo si è abituato al fuso orario il gioco è fatto, o no? Ecco, è proprio così, uguale e spiccicato.

Alla sofferenza si accompagna l'assuefazione. Ci sono le oscillazioni a rendere la giostra a volte un po' più esaltante, a volte un po' più pericolosa. E' quando si riesce a mantenere l'equilibrio anche durante gli scossoni che si entra in graduatoria per il concorso di miglior abulico dell'anno.
Per quanto mi riguarda mi emoziono solo guardando i concerti di Gigione e Donatello su Tele A, nemmeno più Gennaro d'Auria mi aiuta a sopravvivere. E' un'esperienza mistica non indifferente.
Questo è per farvi rendere conto della gravità della situazione.
Gigione sei tu il mio pastore.

Ti piace ti piace ti piace il gelatino

al gusto di panna con crema e cioccolata
ti piace ti piace ti piace il gelatino

però la fragolina la devi dare a me


N.b. nessuno può ignorare la fama dell'illustre cantautore su citato. Per risalire alla sua identità basti pensare all'eccelsa "o ballo ro cavallo" allegramente riadattata sulle note di "catalì cammello" (sacro e profano in un simpatico remix). La canzone di cui sopra è stata al primo posto nella hit parade dell'estate 2008, spopolando tra i lidi della settentrionalissima Santa Maria del Cedro.

giovedì 4 dicembre 2008

Quebrar a cabeça

Assieme alla pizza, stasera, devo aver ingoiato anche un attacco dell'apparecchio. Se considero che nel piatto non l'ho trovato, nel bicchiere di coca semi-vuoto manco, nel tovagliolo già sporco e sgualcito nemmeno...
Da grande matematica e razionalista quale sono, siccome due + due fa quattro e siccome non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace e sotto la panca la capra campa, allora mi sa che mi è proprio scivolato giù per l'esofago assieme alla pizza che sapeva di calzino usato. Però non ho chiesto conferma al gabinetto, quindi non posso dirvi di preciso.
Ma comunque, detto questo...

E' il tre dicembre. Anzi, è già il quattro, ed io sono appena tornata da quel di Gricignano, dove abbiamo giocato l'anticipo dell'ottava di campionato.
Tre a uno per noi, con altri tre punti in saccoccia, e la scalata in cima alla classifica che continua. Partita al cardiopalma, vinta per il rotto della cuffia. Succede quando la testa ce la scordiamo a casa, eh? Però va bene così, forse la pizza non ce la meritavamo (io a maggior ragione che nemmeno avrei potuto) ma bisognava festeggiare.
E' dicembre, e a dicembre si festeggia sempre, qualsiasi giorno è quello giusto, tanto i babbi natale stavano già appesi ai balconi quando io ancora giravo con le maglie a mezze maniche.
E poi festeggiare è necessario. Sì, proprio ci vuole. E se i motivi non ci sono perchè il cuore è ancora ghiacciato e la testa si posa sempre sugli stessi pensieri, allora ce li inventiamo.
Sto diventando grande e me ne accorgo, me lo sento addosso e nei giorni che arrivano carichi di responsabilità, carichi di dubbi, di nottate che non mi sembra possano passare.

Sto diventando grande perchè la vita me lo chiede, e se posso rispondere in modo quasi adeguato è grazie a chi mi sta aiutando a trovare in una palla sette al centro venuta bene, in una fast finalmente pulita e in un muro chiuso in faccia all'avversario la forza per continuare a giocare questa partita.
Buonanotte scrondi, questa notte è per noi.
Quebrar a cabeça!
Bobbe#21

N.b. Se qualcuna di voi ha ritrovato il mio attacco può mettere un annuncio su Fieracittà o riportarmelo direttamente domani in palestra, grazie!