giovedì 16 luglio 2009

Nelle Mie Stanze

Quando blogdrops ha ingurgitato quattro anni di blog, del mio blog, ho continuato ugualmente a pubblicare parte delle cose che scrivo anche sul web, appoggiandomi ad un msn space. Cosa che non avrei mai voluto fare perchè lo space era l'emblema della moda del momento, ultrafrivola ed ultrainflazionata (non voglio fare l'anticonformista del caz, ma mi viene da prenderle spontaneamente, queste distanze qui).
Peraltro l'idea della stellina gialla che lampeggiava accanto al nick per avvisare il mondo intero di una modifica apportata al proprio spazio virtuale, mi sembrava di un esibizionismo assai spicciolo.
Così, siccome a me piace l'esibizionismo vero, sono riuscita a rinunciare per un po' di tempo all'idea di un windows space live.
Poi, però, per pigrizia e anche per la repentina evoluzione di msn (addio stelline gialle simil-esibizioniste) ho deciso di ricominciare a pubblicare un po' di variezze varie senza pensare al "dove": non mi importava, volevo una Stanza in cui pubblicare.
Così ho iniziato lo space.
Poi è arrivata questa Stanza qui, su blogspot, su gentile concessione del mio amico Erasmo.

Attualmente sono in vita entrambi gli spazi: pubblico le stesse cose sia qui sia sull' emmessenne space.
Però, dal momento che blogspot si fa sempre meno funzionale ho deciso di continuare a pubblicare solamente sullo space.
Non mi serve a molto avere due spazi fotocopia. E, siccome blogspot ha ridotto all'osso la sua funzionalità, ho deciso che continuerò a pubblicare solamente dall'altro lato, anche se questo blog lo lascerò aperto e sarà quindi visualizzabile.
Vi consiglio vivamente di trasferirvi Nella Mia Stanza (questo lo disse Cicciolina a...?), là c'è di tutto.
E pensate, si litiga pure!


www.napulitangirl.spaces.msn.com


Ci leggiamo qui.

mercoledì 15 luglio 2009

martedì 14 luglio 2009

L'infanzia oltraggiata

Questo è il video della sigla della versione 2008 di Mila e Shiro.
Pare che per onorare le Olimpiadi di Pechino gli autori del cartone abbiano modificato, omesso e addirittura dimenticato dei "particolari":
-Mila che gioca col numero 16 è improponible: lei è il 7 per antonomasia. Ma il 7, in questa versione, è passato a Kaori che peraltro ha migliorato di gran lunga la tecnica del suo palleggio che, nella versione del cippo a Forcella (nap.vecchia, remota), era addirittura chiamato "lancio";
-Tullia non ha più i capelli grigio/verdi e i suoi lineamenti sono meno duri: è irriconoscibile;
-Il pallone è quello delle gare ufficiali reali, quello che usiamo anche noi insomma, il mikasa;
-Il suolo della palestra è addirittura in parquet (Mila è andata a giocare in una società che tene e sord' evidentemente, lasciando quelle fammone (nap.pezzenti) delle Seven Fighters);
-La sigla fa cacare;
-Nami non appare per niente nella sigla, quindi suppongo che il suo personaggio sia stato proprio trombato.
Ma la cosa più grave è che non appare nemmeno Shiro (!).
Mi auguro, per lui, che sia stato trombato a sua volta.

lunedì 13 luglio 2009

G8 a L'Aquila: vergogna tutta italiana





L’Aquila, G8, Obama evita la stretta di mano a Berlusconi (L’Unità)

La sequenza delle immagini è stata pubblicata a mo’ di copertina da L’Unità giovedì scorso. Ritrae Barack Obama che, appena giunto nella caserma di Coppito per il G8 evita di stringere la mano al corruttore che gli corre incontro.
L’immagine censurata dalle televisioni italiane, sintetizza tutta la disistima e la sconsiderazione che il presidente degli Stati Uniti ha nei confronti del corruttore italiano da ” 7 righe”. Presidente forzato di turno del G8.
Obama in tutte le occasioni in cui è stato ritratto assieme al corruttore durante la 3 giorni del G8, ha sempre avuto un’espressione seria con una smorfia tesa a nascondere vergogna e imbarazzo.

Il corruttore ha fatto la parte dell’intruso fra i cosiddetti grandi della terra che si sono ritrovati a L’Aquila. Le poche strette di mano che si sono viste fra il corruttore e altri leader come Sarkozy e la Merkel, sono state imposte dal copione dei cerimoniali. Carla Bruni, italianissima moglie del premier d’oltralpe, non ha retto nemmeno a quelli. Giunta a L’Aquila si è data da fare in un percorso pubblico rigorosamente diverso da quello del vergognoso corruttore. L’unico dei leader del G8 che non si è concesso alle domande dei 3.600 giornalisti giunti a L’Aquila da ogni parte del mondo.

Il tutto mentre i telegiornali italiani si sono fatti i film sul rapporto umano fra Obama e Berlusconi dipingendo un idillio che non esiste. Non solo clima, crisi economica e povertà. I telegiornali hanno parlato anche di un Obama in forma fare canestro nell’area della caserma militare appositamente adibita a campo di basket. Hanno spinto oltre ogni limite “sull’ottimo livello di organizzazione”. Hanno dipinto L’Aquila orgogliosa di ospitare il G8.

In realtà L’Aquila sfigurata dal sisma del 6 aprile scorso è una città fantasma. Indifferente agli onori della cronaca in cui è finita in questi giorni. A girare per le sue strade militarizzate ci si imbatteva in continui presidi di uomini in divisa incaricati di tenere lontano dal centro storico giornalisti e turisti. Come a Baghdad.
Le poche persone in abiti civili che si incrociavano per strada erano quasi tutti reporter stranieri armati di macchine fotografiche e videocamere, intenti a ritrarre le case sventrate dal sisma.

Pochi per non dire pochissimi gli esercizi pubblici aperti a L’Aquila. Per l’arrivo del G8 molti suoi abitanti si sono rifugiati soprattutto lungo la costa di Pescara.
Gli aquilani accampati nelle tendopoli da ormai 3 mesi, invece hanno continuato la loro lotta, nella speranza (che serpeggia vana) di ritornare nelle proprie case in tempi ragionevoli. Sono tanti gli aquilani che non si illudono delle promesse del governo del corruttore. Lo slogan “Yes we camp“ ha fatto il giro del mondo perché gli esponenti del comitato terremotati “3 e 32″ lo hanno scritto in gigantografie sul dosso di una collina, in modo da renderlo leggibile sia dagli elicotteri che dalla città. Loro sono stati fra i pochi aquilani rimasti in città per rompere il silenzio spettrale che affligge il capoluogo abruzzese.
Sono gli accampati che per non far dimenticare gli orrori seminati dal sisma hanno sfruttato la presenza dei giornalisti esteri, gli unici a documentare al mondo con le parole giuste la situazione italiana e del suo corruttore che fa il presidente del Consiglio.

Gli esponenti del comitato terremotati erano tuttavia comuni mortali che non hanno avuto vie d’accesso preferenziali ai leader. Bloccati sul ciglio della strada dai poliziotti armati, hanno comunque tentato di esibire gli striscioni durante l’unico passaggio dalla caserma di Coppito verso la pietosa visita al centro della città.
La protesta ha vissuto qualche momento di tensione fra alcune militanti che si sono scagliate verbalmente contro il cordone di poliziotti. Intanto il corteo di auto dei leader è filato via senza intoppi assieme ai giornalisti al seguito che non hanno potuto documentare il lato B del G8. Quello dei cittadini invisibili come i terremotati, ai quali dopo la fugace vista ravvicinata con Obama non è rimasto altro che tornare nelle loro tende. Che vergogna.


DAL BLOG DI DANIELE MARTINELLI



Personalmente oltre che con il "corruttore" (mi piace che il termine ritorni innumerevoli volte nell'articolo), ce l'ho a morte soprattutto con chi si è fatto complice di questo oltraggio che il corruttore ha avanzato.
Ti è dispiaciuto per le vittime del terremoto, hai ripugnato l'idea del G8 a L'Aquila, ripugni berlusconi... e poi?
Poi sei corso a Coppito perchè hai avuto "l'opportunità" di conoscere Obama.
Ed ora sei entusiasta, cioè tu sei tornato da Coppito entusiasta.
Ma entusiasta di che?


...e come testimonia un post-it che un pomiglianese sagace ha affisso nell'area "Dillo al PD" :
IO SOGNO UN'ITALIA SENZA GLI ITALIANI.

Identificazioni notturne necessarie -"ubi amici ibidem opes"-

I miei amici mi chiedono "come stai?" perchè gli interessa saperlo.
I miei amici sanno come sto prima ancora di chiedermelo.
I miei amici non scrivono al computer mentre parliamo al telefono.
I miei amici sanno che non è necessario che io totalizzi un punteggio alto ad un test affinchè sappiano quanto li conosco.
I miei amici in qualsiasi modo possibile incantano il mondo.
I miei amici non li conosco né li conoscerò mai ma in me è sempre vivo il desiderio di scoprirli, giorno per giorno.
I miei amici non mi conoscono né mi conosceranno mai ma in loro è sempre vivo il desiderio di conoscermi, giorno per giorno.
I miei amici sanno che cambiare idea è lecito: i miei amici quando cambiano idea non provano vergogna.
I miei amici sognano con i piedi ben piantati a terra.
I miei amici credono che il "noi" predomini sull' "io".
I miei amici c'entrano niente con Maria de Filippi.
I miei amici non vogliono sentirsi dire "grazie" perchè è superfluo, dicono.
I miei amici non spendono cifre esorbitanti per farmi dei regali.
I miei amici non sentono il bisogno di scrivermi "tìvìbì" alla fine di un messaggio.
I miei amici, anche se non la pensiamo uguale, sono miei amici.
I miei amici, quando sono arrabbiati per i cazzi che c'hanno in testa non se la prendono con me.
I miei amici, quando sono arrabbiati con me non sentono il bisogno di schernirmi.
I miei amici c'entrano poco con feisbùk.
I miei amici non si difendono da un mio dissenso giudicandomi, se io non sono d'accordo con loro.
I miei amici non si accorgono se mangio troppo né gliene frega accorgersene.
I miei amici non mi fanno sentire in imbarazzo, mai.
I miei amici accettano le diversità senza chiedersi "perchè".
I miei amici accettano il mio silenzio prima ancora di pretendere da me lo strepito.
I miei amici trovano che non sia indispensabile inchiavicarsi di cocktails per stare bene insieme, quando usciamo.
I miei amici sanno parlare ad alta voce senza dare mai fastidio.
I miei amici non li sento tutti i giorni a tutte le ore e questo non compromette il nostro rapporto.
Eh, i miei amici.

venerdì 10 luglio 2009

CETRO: PRONTA A CONTENDERE LA LEADERSHIP CON BERSANI E FRANCESCHINI





CETRO: PRONTA A CONTENDERE LA LEADERSHIP CON BERSANI E FRANCESCHINI.
Alla fine una militante di nome Stella dichiarerà: doveva essere solo una semplice riunione.


Sono le 19:45 ora locale quando, alla sede dell'associazione il Pettirosso di Pomigliano d'Arco, ha inizio la riunione post Festa de l'Unità.

Molti gli interventi posti a finalizzare l'ordine del giorno alquanto utopico: ristabilire l'ordine in un luogo dove oramai regna il caos più totale.

Tra i presenti molteplici personalità del mondo politico e non; basti pensare a Luigi A. (inquilino della casa democratica, alias: luce degli occhi di Cristina) il quale, dopo aver prima evidenziato la sua immane perplessità in merito all'orario di un suo eventuale ritorno a casa, si era subito detto promotore di una mozione che prevedeva l'imminente inizio dei lavori volti a sistemare la sede.

Ma quando tutti sembravano oramai rassegnati a porre le infinite copie della nota rivista "Alfabeto Democratico" (seconda solo al Financial Times), all'interno del tugurio pettirossino, prende la parola Roberta Cetro, nota militante di area giòpacchiana, che si dice pronta ad intraprendere l'estenuante lavoro non prima di aver degustato un "gelato".

Alla proposta inaspettata per certi sensi, Luigi A. si trova del tutto impreparato; la sua furia è incontenibile. Scatta così una cruenta lite tra i due che vede il lanciarsi reciproco di sedie e manifesti delle scorse tornate elettorali che si concluderà grazie all'intervento della portavoce della casa democratica Cristina Mastrapasqua, che decide di sottoporre entrambe le mozioni al voto dei presenti.
Solo la seconda però otterrà la maggioranza, nonostante l'astensione di Erasmo I. (Ambasciatore del Pettirosso, alias: il mandrillone montatore) di nota area gigginiana, il quale successivamente affermerà in una nota interamente redatta in cinese che non prenderà parte alla degustazione del gelato per protesta. Allo stesso modo anche Luigi A., il quale però, a differenza del suo accanito sostenitore, non mangerà il tanto agognato "gelato democratico" per tirchieria.

Ed è proprio dopo questa breve, ma pur sempre piacevole pausa, che accade l'inaspettato. Colpo di scena. La responsabile dell'area dillo al "PDì" si dice pronta a correre per la segreteria nazionale. Non si sa come, ma la notizia trapela ed impazza sul web facendo in pochi istanti il giro del mondo.

Moltissimi i militanti accorsi da tutta Italia a Piazza Primavera per elogiare il tanto atteso terzo candidato che concorrerà alle primarie di Ottobre. I dati della questura riportano la presenza di tre persone di media età ed un cane.

Chi credeva che questa tornata congressuale si concretizzasse con l'eventuale elezione di uno dei due rappresentanti di un dualismo esasperato che dura da molti anni a questa parte, dovrà ricredersi. Difatti sia il teenager Dario Franceschini che il nonno che tutti i comunisti vorrebbero Pierluigi Bersani, si troveranno a fare i conti con lei: Roberta Cetro; la quale a poche ore di distanza dall'annuncio bomba dichiarerà ai microfoni di SKYTG24 di schierarsi a favore della vocazione maggioritaria, e a chi le chiede se una volta eletta continuerà a tenere in vita l'alleanza con l'IDV risponde: preferisco stringere accordi con il Partito degli Impotenti.

Inoltre ribadisce il suo no a chi depreda illecitamente le foto della mostra sull'Iran, e conclude con una promessa che commuove l'intero mondo democratico: mai più salsiccia nel panino dello staff della casa democratica, se verrò eletta sarò pronta a mediare con Ciccio per ottenere la tanto meritata porchetta.

Ed intanto arrivano le prime risposte dei Big del Partito in merito alla vicenda. Tra i primi quella della giovanissima Debora Serracchiani che appoggerà a pieno la candidatura della New Entry, perchè dice, è di gran lunga più simpatica di Dario.

A cura di Andrea Polito.



Mi hanno candidata e quindi mi candido pure io, cioè voto per me stessa.
Peraltro vengo da una famiglia ingenua e questo lo dimostra il fatto che mia sorella al messaggio che annunciava la mia presunta candidatura abbia risposto :"Uha, così giovane ti puoi candidare? Cioè sostituisci Franceschini? Non ci credo!".
Per i miei sostenitori: ho in serbo la stesura del mio programma.
Il Pettirosso? Si, siamo un covo di idioti democratici.
Ma io con quegli idioti ci sto troppo bene.

giovedì 9 luglio 2009

E fu notte e fu mattino

Stanotte ho sognato di essere al liceo (sogno, ahimè, ricorrente) e di dover fare la divisione in sillabe del verbo greco "TROPIZOMAI" di cui, peraltro, ignoro l'esistenza.
Ricordo che ero seduta alla destra di Carmela (e ciò avrebbe dovuto significare una forte probabilità di riuscita) e che la Cimmino mi passava accanto indispettita (che novità!) fino al punto di strapparmi il quaderno dalle mani e farmi una merda davanti al resto della classe. Senza aver prima corretto il mio esercizio, ovviamente.
Considerato che sono già passati tre anni dal mio diploma, mi chiedo se non sia il caso di spostare il capitolo "Cimmino" tra i traumi che hanno segnato profondamente la mia vita fino ad oggi.

Stamattina, poi, mentre preparavo la colazione a mia nonna, lei mi è venuta vicino chiedendomi -ed è la seconda volta nel giro di una settimana- se poi alla fine CIURCìLL' l'hanno ucciso.
Ciurcìll' sarebbe Churchill ed io ignoro il motivo per cui mia nonna continui a pormi questa domanda anacronistica e sconsiderata (e c'entra poco la demenza senile dal momento che me lo ha già chiesto una volta).
Ma è giusto che chi (o cosa) abbia risvegliato in lei tanta curiosità sappia che non la passerà liscia.

Frattanto rifletto sul fatto che la notte e la mattina non sono i momenti più felici della mia giornata tipo.

mercoledì 8 luglio 2009

Dedicata

A matteo salvini.
A silvio berlusconi.
A mariastella gelmini.
A cesaro.
Ad umberto bossi.
A tutti i leghisti.
A chi cerca di allargare il divario tra nord e sud.
Ai punti cardinali che non sanno restare tali.
Ai politicanti.
Al denaro.
A chi vive aspettando.
Al G8 e a chi ha deciso di tenerlo in Abruzzo.
Al culto della festa.
All'asse mediano.
Alla Napoli che ruba in ogni telegiornale.
Agli abusivi.
All'arte di arrangiarsi.
Ai campani che votano lega e pdl.
Ai razzisti e agli xenofobi.
A chi ancora tollera senza mai incazzarsi.
Alla crisi.
A chi ha messo nella merda la cultura.
Ai parassiti.
A quelli che parlano tanto ma non concludono mai.
A chi parla, tanto ha sempre e comunque ragione.
Alla repressione.
A chi perde ma comunque ha vinto.
A chi sbaglia e poi non torna indietro.
A chi vive di speranza aspettando la manna dal cielo.
Alla camorra e a tutti i sistemi mafiosi -e dico tutti-.
Agli uomini che umiliano gli altri uomini.
Agli incivili.
A chi si arricchisce sulle spalle altrui.
Ai maleducati.
Ai napoletani che non rivendicano la cultura napoletana.
A chi parcheggia davanti al cancello.
Ai neomelodici.
Ai sostenitori della sub-cultura che ci sta ammazzando in massa.
Alla televisione italiana.
Ai dittatori.
A chi non fa il proprio lavoro.
Agli abusi sui bambini.
Agi abusi sulle donne.
Agli abusi.
Al cardinale Bagnasco.
All'art.50 bis.
Al parlamento.
A chi ha ucciso don Peppino Diana.
Ai padroni dei cani che non raccolgono la loro cacca -che finisce sotto ai miei piedi-.
Alla legge blocca intercettazioni.
Ai nazisti di un tempo e a quelli di oggi.
A chi ancora sceglie la guerra.
Alla sanità campana.
A chi ha reso l'aria irrespirabile.
A Gigi D'Alessio.
Ai responsabili della strage di Viareggio.
Ai responsabili della morte di Neda e della repressione Iraniana.
Ai responsabili.
A chi ha saputo ferire.
Agli usurai.
A Mariarosaria Cimmino.
Ai piccioni.
Alla pena di morte.
A chi ha ucciso Aldo Moro.
A tutte le malattie esistenti.
E di nuovo
A matteo salvini.


E' PER VOI

martedì 7 luglio 2009

Ci ho la pelle d'oca, ci ho

Repubblica pubblica il video di un certo Salvini, leghista deputato al Parlamento Europeo, che con un bicchierozzo di birra (che fa molto "Festa de L'Unità") nella mano destra canta una canzoncina anti-Napoli assieme ai suoi adepti.
Dico, era proprio necessario che i miei conterranei votassero Lega?
Dai, chiedete anche il bis, su!


In Abruzzo è ancora terremoto dopo tre mesi, e la gente che lo ha subìto ora deve sopportare anche gli scontri per il G8.
Dico, era proprio necessario svolgerlo lì?


"Nulla rivela meglio il carattere di un uomo quanto il suo modo di comportarsi quando detiene un potere e un'autorità sugli altri: queste due prerogative smuovono ogni passione e svelano ogni vizio."

[Plutarco]


Ci ho la pelle d'oca, ci ho.

Soul Express

Se je foss' mariola m'arrubbass' tutto chello che m'hanno levato 'a int' 'o core.

[Enzo Avitabile]

sabato 4 luglio 2009

Scomoda-mente (ogni istante della tua vita merita una foto)


Questo gnocco sotto la doccia sembra interamente nudo, ma purtroppo è in costume.
Ravenna, master volley camp 2007.
Eravamo in spiaggia per la giornata di allenamento di beach volley.



Questi simpatici cestini dell'immondizia li ho trovati a Hvar nel 2006.
E poi li ho ritrovati, sempre lì, l'anno successivo.
E quella appoggiata al delfino sono io.



La signora coi capelli blu mi è passata davanti, ed io le ho fatto anche hola con la manina.
Lloret de mar, marzo 2006.
Viaggio di (d)istruzione dell'ultimo anno di liceo.



Questo adorabile esemplare di vecchina anastasiana è mia nonna che si accorcia pizzetto e baffi con le forbicine per le unghie.
Risale alla scorsa estate, lei aveva caldo.
E i peli erano lunghi.


[Questo post vuole essere esplicativo riguardo il modo in cui si innestano le masturbazioni cerebrali e la contemplazione dell'inutile]

Stasera pensavo che è un vero peccato che io abbia fatto tanto casino per avere in regalo una macchina fotografica digitale, al tempo del mio diciassettesimo compleanno, e che la stessa, da quattro anni, lavori solamente part-time. Non settimanalmente e probabilmente neppure mensilmente. Cioè me ne ricordo quando capita. E, anzi, spesso me ne dimentico volutamente. E questo mi dispiace perchè ci sono tante belle cose (cit.) da strappare a questo mondo pazzo e da tenere a mente. Così, per fare ricordo. Per fare densità di potere immaginifico. Per fare vita e metterne da parte che non si sa mai.
Ad esempio ieri in vesuviana, quando il treno si è fermato alla stazione di Volla, ho fatto caso ad una scritta che recita così: LA FI** PIACE A MOLTI, IL CA*** PIACE A TUTTI.
E' scritta tutta in rosso. E sono sicura abbia un suo perchè, profondo e inarrivabile. Mi piacerebbe chiederlo all'autore -maschilista!- in questione. Ma magari l'autore è uno statistico inferenziale. O forse si tratta di un omosessuale fiero e gioioso.
Mi diverte pensare a queste possibilità infinite e, oltretutto, immaginarie.
Ma, alla fine, soltanto un pervertito ha potuto scrivere 'sta cosa. O magari uno che voleva prenderci un po' tutti per il culo.
O forse.

Ironizziamo perchè non abbiamo scampo.
Non abbiamo scampo se non ironizziamo.
Prendiamola a ridere perchè non abbiamo alternative.
E soprattutto la prendiamo a ridere per crearci delle alternative.


N.B. (adesso sono seria)
E vogliamo parlare della scritta sulla parete della stazione del centro direzionale?!
: "MA L'ANIMA DI UN UOMO DI CHE COLORE è?"
Trovo sia sensazionale.

Ho deciso: da domani la mia digitale del duemilasei ritornerà a lavorare full time.
Peccato non me ne sia ricordata prima di stasera quando, ritornando a casa dalla casa democratica (sono diventata una ragazza tutta casa e casa), a viale Alfa, ho visto fermo al semaforo rosso un ragazzo sui roller.
Era bellissimo.
E surreale.
E immaginifico.
E
la
devo
smettere.

giovedì 2 luglio 2009

L'ultimo cenno di ipocrisia

La fisarmonica di Petru sarà esposta nella stazione della Cumana di Montesanto.
Perchè adesso vogliamo ricordarci di una persona che abbiamo volutamente dimenticato?



Sarebbe bene amarli in vita
gli uomini degni
e non da morti
poichè la lode postuma
o è il primo segno di rimorso
o è l'ultimo cenno di ipocrisia.


[Libero Bovio]

mercoledì 1 luglio 2009

Io voglio Vivere



(Hvar, Croazia)


Forse scorre dentro il silenzio il senso
e il profilo della vita è tra le cose
e anche il buio serve ad immaginare
la ragione che ci invita a provare
so che può far bene anche gridare
per riscattare l'anima dal torpore

so che ad ingannarmi non è l'amore
perché voglio amare
Io voglio vivere, ma sulla pelle mia
io voglio amare a farmi male, voglio morire di te
io voglio vivere, ma sulla pelle mia
io voglio amare e farmi male, voglio morire di te
Contro il mio equilibrio sempre un po' precario
libero l'istinto, ciò che mi sostiene
emozione nuova senza nome
la ragione che ci invita a continuare
per questo problema non ho soluzione
io mi sento vittima e carceriere

so che ad ingannarmi non è l'amore
perché voglio amare
Io voglio vivere, ma sulla pelle mia
io voglio amare e farmi male, voglio morire di te
io voglio vivere, ma sulla pelle mia
io voglio amare e farmi male, voglio morire di te
io voglio vivere, ma sulla pelle mia
io voglio amare e farmi male, voglio morire di te
Forse la coscienza, il senso della vita
sta in mezzo a mille notti o forse più
non servirà a tradire semplicemente amare
qualsiasi cosa che ti dà di più
Io voglio vivere, ma sulla pelle mia
io voglio amare e farmi male, voglio morire di te
io voglio vivere, ma sulla pelle mia
io voglio amare e farmi male, voglio morire di te


[Io voglio vivere - Nomadi]

martedì 30 giugno 2009

.

Come faccio spesso, anche oggi ho cercato informazioni e testimonianze ulteriori riguardo il D.B. . E proprio oggi sono incorsa nella testimonianza di un uomo, anch'egli malato. E me ne sono innamorata.
La riporto di seguito:


"Io soffro di Disturbo Bipolare dell'umore e ho un figlio. Se tornassi indietro non so se lo rifarei, questo figlio. So solo che per me è un motivo di stabilità, che lui mi vuole bene e che io faccio di tutto per essere un buon padre. Sono tre anni che prendo il Litio per lui. Ti dico che per un Bipolare amare è una fatica dura, così come lo è per chi ci ama. L'amore però segue strane vie."

Non ho molto da scrivere.

Proprio come ogni volta, anche oggi scendono un po' di lacrime lievi e spaiate a farmi compagnia. Silenziose.
Sapere che è troppo presto perchè questa immane sofferenza finisca è deprimente, il non sapere se finirà è dilaniante.
Non lo so nelle mani di chi siamo, ho detto a mia madre di lasciare stare i santi in Paradiso perchè hanno troppo altro a cui pensare, ma lei persevera. Le preghiere sono illusioni robuste, prolungano l'attesa perchè alimentano la speranza che in fondo qualcosa cambierà. E poi l'attesa implica il rimando della risposta certa e sicura, che potrebbe essere anche la peggiore. E noi non la vogliamo la risposta peggiore.
A noi stessi l'abbiamo già detto che sarà così per sempre ma vogliamo far tacere la vocina che ci dice che la situazione peggiorerà, perchè ne abbiamo bisogno.
Aspettiamo, aspettiamo ed aspettiamo ancora.
Fin quando c'è attesa c'è incertezza, e l'incertezza è una dolce sospensione nel dubbio. Il dubbio implica la probabilità di una speranza. E la speranza (maledetta ingannatrice), lei!, è l'ultima a morire.

Dovrei trovare il coraggio di accettare e di amare comunque, gratuitamente, tutte le cose che mio padre non ha mai detto e ancora adesso non riesce a dire.

E maledetta pioggia che continui anche oggi, e maledetto M. che sono solo 10 giorni che non passo a trovarti e sono scomposta come un castello di carte dopo lo scatenarsi della più furiosa delle folate di vento.

sabato 27 giugno 2009

Idolatrìa del nulla ammalato

(Questo post è costituito al 90% da cose che ho scritto in una mail ad un mio amico)


E' iniziata ieri la Festa de L'Unità e la CASA DEMOCRATICA che noi giovani del "Pettirosso"abbiamo progettato (e arredato) è pronta per accogliere tutti.
"Dillo al PD" è un'iniziativa intrigante e sono contenta di occuparmene personalmente.
Sono ubriaca di entusiasmo e sto bene con i ragazzi.
Sto dedicandomi anima e corpo alla festa per svariati motivi personali (sappiamo bene che stare fermi non ci aiuta) e per affermare il principio della concretezza: vorrei sradicare il sillogismo politica : attaccamento alla poltrona che alberga nelle consapevolezze di tutti quelli che lamentano l'arrivismo e la demagogia senza, però, proporre alternative valide.
Io credo che agire nel sociale sia comunque un modo di fare politica. Anzi, ci metto il determinativo: IL modo di fare politica, probabilmente l'esclusivo e il più funzionale. Perchè se poi vogliamo parlare di colori, partiti e bandiere io quella roba lì la schifo, mi fa vomitare. E non la chiamo politica.
Penso che questo modo di agire, al contrario, sia il vero modo di fare opposizione: informare, cercare il dialogo, "incontrare", ascoltare.
Di base sono una disillusa, e lo sappiamo. Però non voglio subire in silenzio. Voglio fare resistenza in qualche modo. Se anche un solo tamarriello ogni giorno dovesse "entrare" nella casa democratica durante la festa e dovesse fermarsi a leggere un testo di De Andrè incollato ad un pannello, per me sarebbe una vittoria.


Piccola riflessione fremente.

Guardo le foto dell'Iran e, ogni volta, scrutando la gente temeraria e indiavolata disperdersi per le vie di Teheran, penso: perchè se un popolo realmente represso e schiavizzato ha il coraggio di sfidare la dittatura esplicita a cui soccombe, invece un altro popolo (noi) che -sulla carta- è democratico non ha interesse a lottare affinchè i suoi diritti vengano comunque preservati? Indifferenti e accidiosi come siamo, cosa potremmo mai fare se non dovessimo più riuscire a cavalcare il flusso, un giorno?
A Teheran sono scesi tutti per le strade a protestare, a sfidare le armi, e la svolta storica mi sembra proprio questa. Noi non solo non abbiamo, ma nemmeno chiediamo niente. Che vuol dire questo?
Gli iraniani hanno scelto per la moralità: i nostri princìpi quali e dove sono? Perchè, nonostante il clima di scadimento morale e culturale dilagante, la gente continua a cantare fieramente "meno male che Silvio c'è" idolatrando l'emblema dell'immoralità?
E il problema non è SOLAMENTE Silvio, sebbene non possa io nascondere la ripugnanza che provo nei suoi confronti.
Mi chiedo spesso se il male possa derivare interamente da una sola persona: penso alle dittature e mi dico di sì, poi però penso pure all'inedia di chi soccombe in silenzio, senza nemmeno arrogarsi il diritto di arrabbiarsi, e mi dico che allora, forse, "no". Forse il male viene soprattutto da chi lo incoraggia, incitandolo o approvandolo in silenzio.
"Ladro non è solo chi ruba, ma soprattutto chi guarda". Ci penso sempre.
E chi incoraggia il male, lo pubblicizza e lo riverisce presagendo grandi tornaconti (spesso misurabili in euro da aggiungere) è un uomo di princìpi?
Sicuramente no.
E' un uomo?

giovedì 25 giugno 2009

Quella promessa nelle vie di Teheran



Nelle strade di Teheran si misurano adesso quello che c' è di più minaccioso e quello che c' è di più promettente per il destino del nostro mondo. La minaccia ha la divisa nera dei picchiatori e degli sfregiatori arruolati a milioni dal delirio khomeinista. La promessa ha un viso scoperto di ragazza. Avederla così, è facile dire chi è più forte. Ma la questione della forza è complicata. Abbiamo visto ieri la giovane Neda morire sull' asfalto, jeans e sneakers, il bel viso che si riempiva di sangue, il padre che le ripeteva «Non aver paura», prima di gridare di disperazione. Avevamo letto alla vigilia la lettera di un' altra giovane donna: «Prenderò parte alle dimostrazioni domani. Può darsi che si facciano violente. Può darsi che mi succeda di essere fra quelli che verranno ammazzati. Sto ascoltando la musica che amo, anzi voglio mettermi a ballare con qualche canzone. Ho le sopracciglia sottili: può darsi che passi da un salone di bellezza domani, prima... Devo chiamare gli amici e salutare. Tutto quello che possiedo sono due scaffali di libri, ho detto ai miei a chi devono andare... Scrivo questo appunto per i bambini di domani». Ieri l' autrice ha scritto un suo nuovo messaggio, dedicato a Neda, "sorella": «che era una persona dignitosa, e aspettava come me un giorno in cui i suoi capelli venissero scompigliati dal vento...». Dunque è complicata, delicata, la questione della forza. Conobbi l' Iran trent' anni fa, c' era una rivoluzione, c' era una guerra. Poiché la gran maggioranza degli iraniani sono nati dopo di allora - notizia impressionante, a guardarla con gli occhi del nostro occidente- quella conoscenza ormai mi serve a poco. Ma già allora, nella rivoluzione che cacciò lo Scià e il suo pacchiano impero e la sua Savak, erano gli uni accanto alle altre, nelle strade traboccanti, gli uomini fanatici dalle barbe accuratamente incolte e le ragazze libere e intrepide. E cominciarono fin da allora a separarsi e opporsi. Una rivoluzione giovane e sostanzialmente incruenta andò a estrarre da un sobborgo parigino e dal suo tappeto di preghiera un vegliardo senza tempo e gli consegnò un' onnipotenza capricciosa. Nel culto della sua ieratica crudeltà gli uomini accuratamente mal in arnese braccavano le ragazze libere dal viso scoperto, le assalivano a bastonate, oppure strappavano loro di dosso il chador per smascherarne il rossetto o una lacca sulle unghie. Sono trascorsi trent' anni. Sempre nuove ragazze si sono riguadagnate millimetro per millimetro la loro cospirazione per la libertà, un fazzoletto spostato indietro sulla fronte, una ciocca di capelli sbucata come per distrazione da una tempia, una festa domestica senza la tetra mascheratura, come in una effimera terra di nessuno. Hanno pagato carissimo. Ora siamo a questo punto. Dio è grande, gridano gli uni e gli altri, le une e le altre. Eppure mai una separazione è stata così netta, mai è stato così chiaro da che parte stare. Di un Dio che bastona e stupra e lapida, o di un Dio che sorrida del vento tra i capelli delle ragazze. Il vento tra i capelli non è sentimento contro cautela, poesia contro realismo politico. Il realismo politico stringe la presa dei bastoni nelle mani dei picchiatori, e della bomba atomica nell' arsenale dei loro capi. Facciamo affari d' oro, con loro. Ma il conto non tarderà più ad arrivare. Il realismo politico, o almeno quella sua esuberante versione che vuole dissimulare complicità e viltà, si barcamena con l' incertezza sul risultato elettorale. Chi può dire che Ahmadinejad non sia davvero il vincitore? Infatti. Nessuno può dirlo: ma dicono alto il contrario, e al prezzo della vita, i manifestanti di Teheran e di altre città. Ahmadinejad, e quell' invasato Khamenei che ha legato indissolubilmente a lui i propri destini, hanno certo un seguito enorme, come provò la sorpresa delle elezioni scorse, quando a cedergli fu il troppo navigato e troppo corrotto Rafsanjani. Ahmadinejad si procura i propri devoti nei due modi tradizionali con cui si seduce una plebe,e mai è stata esorbitante come oggi un' offerta plebea: affamandola, e aizzandola contro dei presunti colpevoli. I milioni di "volontari" mobilitati in permanenza cui si prodigano grandiosità come la bomba, la distruzione di Israele e il martirio, sono forse ancora sufficienti a far vincere un' elezione normalmente truccata. Mi sembra probabile che non sia andata così, e che la contraffazione dell' esito elettorale abbia ecceduto questa volta ogni precedente. Gli argomenti dell' opposizione sono impressionanti: circoscrizioni in cui la quota dei votanti supera di molto il cento per cento (!), seggi in cui i membri dell' opposizione sono stati estromessi dallo scrutinio, plateali trucchi contabili come l' aggiunta di una cifra a quella che contrassegnava Moussavi, così da trasformarla nel voto ad Ahmadinejad - ciò che oltretutto renderebbe derisorio lo stesso riconteggio... Ma quando anche Ahmadinejad avesse davvero prevalso, che cosa vorrebbe dire di fronte alla insurrezione dei giovani iraniani? Che cosa c' è di democratico in un regime come quello della vilayat-ei-faqih sciita? Il punto in Iran è questo: che, sotto il fatuo e superstizioso potere assoluto della "Guida Suprema", maggioranza o minoranza che sia, il regime di Ahmadinejad vuole decidere brutalmente dei capelli delle ragazze, cioè della vita e della libertà di tutti gli iraniani. Mentre i giovani che a rischio della vita riempiono le strade di Teheran e hanno trovato un provvisorio riferimento nel candidato Moussavi non impedirebberoa nessuno e nessuna di disporre del proprio abbigliamento e della propria libertà. Questa è la partita democratica che riguarda l' Iran, e non consente più al mondo che ha la fortuna della democrazia, una volta che in quel grande paese Neda e le altre abbiano fatto il loro passo, di barcamenarsi, se non rinnegando il proprio vanto e il proprio privilegio. Privilegio enorme è infatti quello di scegliere che uso fare del vento fra i capelli a Teheran e Kabul, e a Bari e Casoria e in ogni luogo del pianeta. Quanto al vanto, è tutto un altro affare. - ADRIANO SOFRI


martedì 23 giugno 2009

Chi si assenta è 'na samenta!



Il mio prestito al Volalto sta per concludersi, la burocrazia dice che manca una settimana esatta da oggi.
Mi avvicino al capolinea dopo una stagione pallavolistica intensa, sicuramente la più intensa dopo tredici anni. Per la prima volta in vita mia mi sono avvicinata ad una meta pallavolisticamente ambita, la serie B2. L'esperienza dei play-off è ineguagliabile e per quanto sia durata poco, l'ho già messa in valigia, tra le cose più importanti che il viaggio mi offre. Il viaggio è la vita, lo sappiamo già.
Adesso è tempo per altre cose. E' sempre tempo per cose nuove, è questo che devo capire.
Adesso è tempo di Festa de L'Unità e se fino al mese scorso l'andazzo era casa-palestra adesso seguo la deviazione: casa-Pettirosso.
Il Pettirosso è l'associazione socio-culturale di Pomigliano affiliata al PD, di cui faccio parte. Non mi sono tesserata per una scelta precisa: non voglio incastrarmi negli ideologismi. Non voglio la politica come farmaco somministrato, non voglio essere quella che fa/dice/pensa "per partito preso". Voglio sentirmi libera, offrire le mie idee e il mio tempo se questo può servire ad alimentare propositi atti a realizzarsi concretamente. E voglio sentirmi libera di distanziarmi, qualora dovesse essercene motivo.
Così in questi giorni sto offrendo tutta me stessa al Pettirosso e agli altri giovani democratici che lo compongono, per rendere speciale questa edizione della festa de L'Unità. Abbiamo in serbo l'allestimento di una vera e propria "casa democratica" da realizzare negli spazi del parco pubblico di Pomigliano. La casa democratica sarà la casa di tutti, un ambiente in cui sarà possibile dibattere, rilasciare messaggi e interviste, ascoltare musica e leggere. Ci farà compagnia De Andrè con gli stralci delle sue canzoni, ci faranno compagnia gli haiku che abbiamo ponderato, le canzoni che abbiamo scelto come base musicale, la mostra su Berlinguer e quella sulla Fiat.
Detto questo vado a nascondermi, mi sento una bambina di quinta elementare che ha perso il filo e non sa più continuare il suo tema.
E' che l'aridità nel cuore, nei gesti e nelle parole mi attraversa interamente. E man mano che mi prende mi paralizza.
Non so più dire le cose che ho da dire.
Aspetto che la pioggia che cade solchi una voragine nel terreno arido che sovrasta la mia sensibilità, soffocandola.


lunedì 22 giugno 2009

!

Perfavore, qualcuno crei un corto circuito in casa di quella cogliona che mi scrive che copierei dal suo blog (PRIVATO!) quelli che in realtà sono stralci della mia più profonda intimità.
O ci pensate voi o ci pensa la polizia.
Dio buono!


N.b. già che ci siamo, non sarebbe possibile far zittire i clacson di tutti i coglioni che suonano all'impazzata se non riparti ad un nanosecondo dallo scattare del verde, al semaforo?

giovedì 18 giugno 2009

diciassettegiugnoduemilanove

Sono ritornata.
Cioè, in verità non me ne sono mai andata.

Ho scritto, cancellato, riscritto e ricancellato.
Ho anche pubblicato quando ho potuto: dall'università, da casa di qualche mio amico paziente.
Ma non basta mai e così succede che torno a catapultarmi nell'etere quando di cose da dire ce n'è una sporta e, come sempre, le parole non arrivano mai. E se arrivano non bastano mai.
Questo è solo il ritorno sconnesso ma atteso di chi resiste con gli occhi assonnati e le mani incerte che non permettono grandi volteggi sul foglio -stasera- .
Solo una cosa importante, fresca di oggi pomeriggio.
Ho dato l'addio (provvisorio?) al mio perturbatore Maurizio.
In ultimo voglio fare i miei più sinceri e inaudibili insulti a questa modernità sfiancante che ti lascia la cornetta in una mano e musichette impazzite che giungono all'orecchio dall'altro capo del telefono, dove centralinisti precari e inefficienti ti dicono che non sanno. E le loro voci diventano paturnie nel cervello.
Che roba!

Buonanotte a tutti i suonatori.

giovedì 7 maggio 2009

Il mondo è da creare

Non ha colonne d'Ercole il pensiero.
La tua anima piccola, diabolica pigrizia, se le crea.
Né Ulisse né Colombo sospettavano le mille e mille isole in attesa.
Te aspettano interi continenti.
Dormono dentro il tuo cervello: osa!
Il mondo è da creare.


Ancora bazzico, nomade, stavolta da casa di Marialaura, infostrada tarda a darmi la connessione.
Anche se con un occhio colpito dalla congiuntivite virale, anche se con il cuore arido d'insoddisfazione, anche se con la mente bacata dalle elucubrazioni e il senso dell'orientamento reso precario dallo squilibrio e dall'assenza di una direzione, ho ancora qualcosa da dire.
Troppo. Tanto troppo (il premio "cacofonici del duemilanove" è mio) che per ora si esprime con i versi di cui sopra.
Appena avrò un modem ed una linea telefonica tornerò ad essere la volpe del web. Nella vita ci provo ancora, con meno voglia, ma quasi tutti i giorni, anche con un occhio bendato.

venerdì 17 aprile 2009

Ton anniversaire

Tu che nasci domani
A festa iniziata
A festa finita
Non tralasciare il ricordo del cuore mio
Che ancora è tra le mani tue



Con immensa emotività intensa

Roberta

martedì 31 marzo 2009

Distraggo il tempo e mi innamorerò

Soltanto in parte, perchè i sensi di colpa sono ronzii incessanti nelle orecchie, però io provo a sgomitare per emergere, farmi spazio, vivere.
In questo splendido universo cerco la luce che non ho.
Gli schizzi di inchiostro sulla Mia Stanza sono sempre più sporadici e incerti, e quelli di un tempo sono sbiaditi. La causa principale è la mancanza di mezzi tecnici (sto preparando un pacco all'antrace da spedire, rispettivamente, alla telecom e alla wind) nel primo caso, la non-voglia di scavare nel secondo caso.
E' un momento come tanti, e lo dico certa come sono che potrei ritrovarmi ad affermarlo durante un altro martedì mattina qualunque.
La vita è solo un brutto quarto d'ora composto da momenti felici. Un Wilde lontanamente Schopenahueriano a cui dedico da lontano un applauso. Mi piace questo disfattismo/pessimismo/catatrofismo che altro non è che un realismo saggio e per niente azzardato, e neanche troppo sterile (i momenti felici quantomeno li riconosce e li esalta).
Chiamiamolo gioco, vivere è un gioco. Il gioco di trascorrere il tempo cercando delle attenuanti. Tutto il resto non lo so, ma.

Ma intanto io scrivo perchè se non scrivo mi perdo, e se scrivo mi ritrovo. Così sento addosso, almeno.
E' un momento come tanti, ma forse un po' più ricco. Apprezzo la caparbia con cui sto cercando delle attenuanti del dolore, alternative valide che mi aiutino a resistere. L'assuefazione alle storture un po' mi ha intontita, rischio l'abulìa, e in certi giorni i morsi dell'apatia li sento sul corpo che è una bellezza. Reagisco un po', cavolo, che bisogna darsi un tono! E allora.

E allora un po' il teatro di mercoledì sera, un po' il volo già prenotato per Parigi, un po' i viaggi in vesuviana verso l'università e l'università stessa col suo fragore che confonde, istruisce, apre la mente ed aliena al tempo stesso. Un po' di "altro" che sia lontano da queste quattro mura che sanno di malattia, disperazione e buco nero.
La dignità di non cedere a lamentele insulse è ancora intatta.
La voglia di lamentele insulse la disperdo nei rumori, nel qualunquismo dei discorsi a lezione, nella foga di un palleggio da posto 2 verso posto 4 durante un allenamento, nelle cose stesse che faccio. In tutte le cose che faccio. In ogni sottilissimo gesto banale, in ogni piccolo passo che muovo.
Mi sforzo di vivere, di offrire la pelle al mondo per sentire il brivido. Ce la metto tutta. Ce la metto tutta contro i silenzi lividi, i rancori nitidi, la compassione sterile, l'impotenza sempre inenarrabile.
Mi incazzo a teatro vedendo Gomorra, ma non mi impietrisco.
Il cuore si spezza in oltre mille cocci, fran!, mentre papà si mette le mani in faccia, che è già quasi un anno e non passa mai, ma non mi frantumo.
Poi le mails clericali e bigotte e insulse che ricevo, che Dio li perdoni (Dobellini e il Papa), sull'uso del preservativo in Uganda che sarebbe soltanto un "problema", un'aberrazione. Ma non mi isterilisco. Mi scopro cristiana dissacrante, mi scopro regina dei sensi unici contromano, rifletto.
Cerco di coltivare la negatività, mi lascio attanagliare da tutto il male che posso fino all'esaustività, fino alla necessarietà di respingere e vomitare e fertilizzare il terreno e renderlo vitale e prolifico.

Ecco che nasce l'opportunità dal disastro. Lo sforzo di non soccombere al flusso, stare sopra, cavalcare l'onda.
Lo sforzo di essere migliore.


Sposto le nuvole

Tolgo le virgole
Cambio le regole così
Dove c’è ruggine
Stanchezza o malessere
Nessun problema
Sono qui!
Scelgo il coraggio
Che vi piaccia oppure no
Ovunque c’è amore
C’è speranza!
Breve o infinita vita sei così
Di questa smania morirò ma sì
D’aria e di musica
Perché ogni giorno sia domenica
Sono colpevole
Di non resistere
A quest’idea di libertà
Oltre le lacrime
Trovarsi è possibile
Convinciti anche tu
A stare con gli ultimi
Si è più vulnerabili
Ma ci si aiuta un po’ di più
Non voglio credere che sia tutta una follia
Esisterà una via di fuga
Distraggo il tempo e mi innamorerò
Finché all’inferno poi non brucerò
D’aria e di musica
La mia stagione è platonica
Siamo colpevoli
Troppo sensibili
A quest’idea di libertà
Io che tradisco la metrica
Io vado oltre ogni logica
Esulta l’anima
Quando ogni giorno è domenica
Prendo e volo incontro al cielo
Di questa gravità
Mi libero
Viaggia solo il mio pensiero
Lui che si nutrirà
D’aria e di musica!
Mi ritrovo
Come nuovo
Se di semplicità io m’illumino
Io Volo Volo Volo
Io M’illumino
Io volo
D’aria e di musica Respiro

[D'aria e di musica - Renato Zero]

lunedì 23 marzo 2009

I miei vent'anni (dall'aula multimediale dell'università)

Non ci sono la calma e l'intimità indispensabili, attorno a me, per solcare questa pagina virtuale nel profondo.
Nell'attesa che la wind si decida a concedermi la connessione adsl sul mio computer, mi limito a pubblicare (a scrocco) il testo di una canzone che, diciamo, è un omaggio a un mio "amico", a me e ai miei vent'anni.
Sicuramente non ai vent'anni di queste vrenzolelle sedute vicino a me.



I tuoi vent'anni

Son come stelle
Splendono negli occhi tuoi
Quando mi guardi
I tuoi vent'anni
Son come fiori
Sbocciano sulle tue labbra
Quando mi parli
Stringi forte le dita
Sui tuoi vent'anni
Domani finirà
Anche il tuo carnevale
I tuoi vent'anni
Son le mie pene
Quando tu ridi e non vuoi
Donarmi un bacio
I tuoi vent'anni
I tuoi vent'anni
Perchè tu non vuoi
Regalarli a me?
I tuoi vent'anni

[I tuoi vent'anni - Sergio Endrigo]


martedì 10 marzo 2009

L'eleganza del riccio

Quest’esistenza già fragile è scandita da troppi scossoni chè ogni volta dico basta, non reggo pure quest’altro colpo.
Piccole crepe, piccole e -apparentemente- invisibili crepe.
In sottofondo “Lady Marmalade” a smaltire il peso di queste riflessioni sempre troppo poco leggere, in fondo bisogna provare a restare a galla. Per quanto mi riguarda sono arrivata ad una conclusione: non ne ho voglia, non ce la faccio.
Ma il cazzo di guaio è che io non sono Paloma *.

Comunque, a parte il pensiero profondo (che poi è rimasto inespresso), ne ho abbastanza di questo posto di merda. Non voglio fare la bacchettona, per carità.

Però mi brucia che quattro mocciosi dietro di me, alla fermata del pullman, in attesa dell’R2 vicino la galleria Umberto, comincino a prendersi lo spazio che non gli è dato. Apprezzamenti, DISprezzamenti. E vabbè, faccio finta di non sentire. Ma le mani sullo zaino per aprire la cerniera o i colpetti sulle spalle, no. State oltrepassando IL limite. E la cosa che mi istiga maggiormente alla nevrastenia, poi, è che per farsi rispettare bisogna essere più capuzzielli di loro che fanno i capuzzielli. Così, se taci rimani oggetto di scherno; ma se ti volti quando il tuo viso ha già assunto le sembianze di quello dell’incredibile Hulk incazzato, e gridi “MA CHI TA Rà A CAZZ RA CUNFERENZ?!” nel tuo dialetto più verace e nel tuo tono più serio allora smettono, anzi indietreggiano impauriti.
Bisogna essere più marci di loro, insomma.
E poi, questo continuo dover condividersi con gente che fa cadere le braccia e, tipo cheneso, butta le carte della barretta di cioccolato a terra, nel pullman. Gente che va all’università, per intenderci. E devi pure sopportare di restare in silenzio quando dice “che palle, io odio leggere”. Lo so, non siamo tutti uguali. E io non sono Pico De Paperis, e in realtà non sono né la carta buttata a terra né l’odio per la lettura, il problema reale. Non l’unico, perlomeno. Però non ce la faccio, mi sento ancora e sempre troppo distante.
E il problema è oltre. Il problema è dover constatare questa solitudine e dover farci i conti.SOLA. Io mi sento sempre e comunque sola. LONTANA.

…e poi, a tutti quei tarzanielli, chi cazzo glielo spiega che si dice PùLLMAN e non PULLMàN?


Sogni le stelle

nella boccia dei pesci
rossi finisci


“La gente crede di inseguire le stelle e finisce come un pesce rosso in una boccia. Mi chiedo se non sarebbe più semplice insegnare fin da subito ai bambini che la vita è assurda. Questo toglierebbe all’infanzia alcuni momenti felici, ma farebbe guadagnare un bel po’ di tempo all’adulto –senza contare che si eviterebbe almeno un trauma, quello della boccia.
...a quanto pare nessuno ha pensato che, se l’esistenza è assurda, una brillante riuscita non vale più di un fallimento. E’ solo più piacevole. Anzi, nemmeno: credo che essere coscienti renda il successo amaro, mentre la mediocrità spera sempre in qualche cosa.E così ho preso una decisione. Presto lascerò l’infanzia e, nonostante sia certa che la vita è una farsa, non credo di poter resistere fino alla fine. In fondo siamo programmati per credere a ciò che non esiste, perché siamo esseri viventi e non vogliamo soffrire. Allora cerchiamo con tutte le forze di convincerci che esistono cose per cui vale la pena vivere e che per questo la vita ha un senso. Pur essendo molto intelligente, non so quanto tempo ancora potrò lottare contro questa tendenza biologica.”

[tratto da L’eleganza del riccio]


Paloma* è una delle due protagoniste di questo libro che, lo dico con sicurezza, aggiungo alla lista dei miei libri preferiti.

giovedì 5 marzo 2009

La bella utopia [scomoda-mente]

Solo per te convinco le stelle
a disegnare nel cielo infinito qualcosa che somigli a te
Solo per te io cambierò pelle
per non sentir le stagioni passare senza di te


[Solo per te – Negramaro]


Poi dicono no, ma sti Negramaro sono commerciali.
Vabbè, sono trascorsi i cinque minuti riservati alla contemplazione notturna del bello.
Le giornate si allungano e sono sempre più brevi e non c'è tempo e non c'è spazio (e non c'entra niente Tiziano Ferro!), basta contemplare!, basta desiderare da seduti!, non c'è tempo e bisogna produrre. Non si sa bene cosa ma produrre. Far ingranare questo meccanismo lento e annoiato che siamo, che è il nostro nucleo.

Mi aggiusto le cuffiette, premo repeat e intanto vado avanti, che in questa notte di raffreddoremaldigolamald'orecchio e aria malinconica che taglia mentre tira in faccia, non ci si può fermare.
Oggi ho cominciato col teatro, finalmente. L'abbonamento è una gran cosa, e yuppi yeah che bella cosa essere under 25, e yuppi yeah che bello il mercoledì senza pallavolare e yuppi yeah!
Certo, avrei preferito un inizio meno azzardato, chè varcare la porta del San Ferdinando e sedersi di fronte a Moni Ovadia e “La Bella Utopia” non è stato poi così agevole.
L’insediamento del capitalismo e la sconfitta del comunismo, la rivoluzione bolscevica del ‘17 e la deportazione degli ebrei nel Birobigian e Stalin, che noinonlosappiamo, ma lui sì che era un dittatore, e la rivoluzione d'Ottobre che doveva essere rivoluzione e invece questo mondo occidentale di merda che appoggia la contro-rivoluzione e trasforma la rivoluzione in oppressione cruenta.
Ed io nella mia poltrona che mi sento meno che piccola piccola piccola. E Licia accanto a me, che, non troppo a torto, mi sussurra “Bobbe, mammamì, non ce la faccio più!” e intanto la Moni Ovadia stage Orchestra suona la Balalaica, mentre al pubblico elitario e sempliciotto viene da battere le mani a tempo perché fa tanto festa di paese, ma il pubblico è elitario e non le batte le mani a tempo, e sopra ogni cosa QUELLA NON è UNA FESTA DI PAESE. Battere le mani a tempo fa così bello, e non dà adito di realizzare quanti sono morti per un ideale. Uno a caso, cheneso, l’uguaglianza.
Dico, o ci vai riposato e con gli occhi aperti, o rimani a casa. Del resto servono occhi bene aperti per guardare tutto quello che, occidentali quant’è vero che siamo occidentali, mai abbiamo voluto vedere. Abbiamo voluto la contro-rivoluzione, chè l’uguaglianza se ci fa essere troppo uguali e quindi “meno”, noi non la vogliamo.
Non sto a spiegare né a predicare, nel primo caso perché non sono in grado e nel secondo perché non sono un prete.

L’arte straripava sul palco ma solo illusoriamente. Come le cose preziose che si disperdono e si allontanano, ma in realtà stanno solo fingendo: alla fine torneranno indietro e non si lasceranno toccare. Nemmeno sfiorare.
Però c’è una parola che estrapolo da questo pomeriggio napoletano pazzo e teatrale, in una vesuviana dolcemente silenziosa e pacifica e un cielo sorprendentemente clemente che ha atteso che io fossi al sicuro, prima di incazzarsi di brutto.
Dittatura.
Quanti tipi di dittatura conosciamo?
Mi piacerebbe spararmi la posa e cominciare a parlare dell’antica Grecia, chè sono sicura che se madama Cimmino mi leggesse rimpiangerebbe il male che mi ha procurato ai tempi del liceo! Comunque, non è questo il punto. Cioè, è SOPRATTUTTO questo, certo. Però io non dico Hitler e non dico Stalin: teoricamente lo sappiamo tutti. Io dico noistessi.
La dittatura di noi stessi per noi che siamo dittatori. O la dittatura degli altri su di noi.

La dittatura del pensiero.
Che Diocenescansi (ti chiamo in causa solo per gli artifici retorici di questa minchia, c’hai ragione), in fondo noi siamo così democraticamente democratici!Eppure, eppure.
Io la conosco, la dittatura del pensiero.
Per via indiretta, diretta e direttissima.
La repressione da parte degli altri, l’autorepressione e l’abnegazione.
Aberranti, tutte. In tutti i casi. Sempre. Sotto qualsiasi forma. Per qualsiasi motivo. Da aborrire a favore di qualsiasi plausibile o plausibilissima (e relativissima) coerenza.
Ad esempio, se c’è una storia che non tollero, tra le tante che mi racconta la psicoroba cognitiva, è quella del tale che per autoaffermarsi deve pestarti il piede. Sta a te sottrarti, che tanto, astuto come sei, il piede lo togli. Però se lui ha bisogno di pestarti il piede per mantenere questa sua pseudocoerenza, inutile che ci piangi. Cioè, togli il piede e amen.
Per me va bene, ci ho voluto e ci voglio ancora credere.
Ma adesso poniamo il caso inverso.
C’è il tale che per mantenere la sua coerenza deve fucilarti. E tu non puoi sottrarti perché in quel gulag ti ci hanno mandato apposta. E tu non puoi scappare perché sei con le spalle al muro. E allora…ti lasci sparare?! Cioè, non vuoi, noi lo sappiamo che tu non vuoi. Ma sappiamo pure che volente o nolente prima o poi accadrà e bang!, giù la tua carcassa e poi altri due milioni come te, magari tre, magari quindici milioni. Per l’ego di uno.
Mo’, per carità, mica voglio paragonare lo sterminio degli ebrei ad una “pestata di piedi”?
Però mi chiedo quanta differenza vi sia realmente tra le due cose e, più precisamente, qual è il confine tra questi due estremi, qual è il modo per evitare che da un piede pestato si arrivi ad un uomo fucilato.
Emily Dickinson, la mia Emily, ha scritto che le parole da sole hanno un valore spropositato.
Ed è vero…una guerra non comincia forse per un piede pestato?
Tutto questo inchiostro buttato vi sembra metafisico e sconclusionato e a me dispiace, però a volte una pizza mangiata assieme alle persone sbagliate esfolia la testa in questo modo così superbo...che poi vallo a capire che cosa succede!
E comunque non me ne frega dell’inchiostro sprecato, perché tanto è virtuale.

domenica 1 marzo 2009

Sulo pe parlà


In attesa che arrivino computer nuovo e adsl scrocco dal catorcio di mio fratello.
Necessità impellente di dire un po' di cose, sconnesse ma concise.
Anzitutto devo appuntare la commozione (venerdì mattina nella mischia del corteo, tutti arrampicati ad una solidarietà tangibilissima).
In secondo luogo l'amarezza (ci siamo giocate il primo posto in classifica, arriva una sconfitta proprio nel giorno in cui non avrebbe dovuto e mi sento le spalle cariche di responsabilità: provo ad esorcizzare il peso delle conseguenze, ma sembra troppo).
E infine la malinconia, chè non si sa mai perchè precisamente, chè marzo è appena cominciato e già il cielo è cinereo, ma questo senso di sconfitta non sa scivolare via con la pioggia.

martedì 24 febbraio 2009

La sessualità della pantera rosa

Quando dai più di quanto ricevi
rischi la pelle e poi
non devi dire che ti hanno ingannato.
Questo non significa che tu non debba amare
non è una guida al suicidio, riveduta e corretta
è solo qualcuno che ha imparato ad andarci piano.
Fidarsi è il peggior delitto e la via
più breve per l'inferno.
Questo non significa che non ti possa fidare
è solo qualcuno a cui hanno spezzato il cuore
troppe volte in una stessa notte.
Amare e fidarsi sono passioni umane
dello stesso genere e
non sono nessuno
per dirti cosa devi fare
solo un tizio messo male
che ha imparato ad andarci piano

a non fare più del necessario.


[Canzoni più mediocri ancora - efraim medina reyes]



domenica 22 febbraio 2009

Post-partita

"..MA RESTO CONVINTO, ANCHE ORA, CHE UN PALLEGGIATORE PUò ANCHE ESSERE PICCOLETTO, SE HA ALTRE DOTI PUò COMPENSARE LE LACUNE FISICHE.
A ME 'STA COSA HA SEMPRE DATO UNA GRAN CARICA.."

[Fefè De Giorgi]


Fefè De Giorgi, prima ancora di essere un grande allenatore -attualmente sulla panchina di Macerata- è stato un grande palleggiatore.
Questa citazione l'ho scritta tre anni fa su un foglietto bianco strappato ad un minuscolo notes. E adesso una graffetta verde, ancora la unisce all'estremità superiore della coppa che ho vinto nel 2006, durante l'undicesimo memorial "Elisa Campanile".
Ieri sera, tornata da Aversa, sono entrata Nella Mia Stanza e ho lanciato un sorriso riconoscente al foglietto bianco legato alla coppa.
L'amore che ci metto mi aiuta a spuntarla sempre, anche quest'anno in cui sono l'ultima arrivata. Che faccia di culo, l'ultima arrivata. Ogni volta che vengo chiamata in causa faccio il mio ingresso da dietro le quinte e succede la magia.
Dura un'eternità, la trance, la sensazione di essere oltre, di non aver bisogno di desiderare null'altro, di aver vinto già, per certi versi, la morte.
Bastano due braccia sopra la testa, un gioco di polsi, e il cervello si spegne. E, spento com'è, in una frazione di secondo opta sempre per la scelta migliore. In mezzo al campo so sempre scegliere. E cazzo, se non è una grande rivincita.
Io mi sento palleggiatrice nella testa, dentro al cervello. Non avrei potuto essere nient'altro nella vita, dentro e fuori dal campo.
Jambo Aversa 0 - SRI VolAlto Caserta 3.
E sono state anche le mie mani.


"LA PALLAVOLO è UN VIRUS CHE SI INOCULA NEL DNA E DAL QUALE NON SI GUARISCE PIù"

mercoledì 18 febbraio 2009

Anestetici sorrisi

Ho appena gridato "frustallà" ad un gatto invasore, uno di quelli che arrivano sul mio terrazzo per seppellire le loro cagate sotto le piantine di pomodori che mia nonna, ingenuamente e amorevolmente, coltiva. Pomodori per neonati, intendiamoci. Arrivano a 10 millimetri di diametro, sono pure belli rossi. Poi periscono.
Il gatto se l'è data a gambe, spaventato dal mio acuto, e nel tentativo di fuga è incappato in un capa e muro tremendo, che se non c'avesse avuto altre sei vite a disposizione avrei dovuto pure fargli il funerale.
Cade neve sciolta stamattina, ed io indosso un pigiama triste, di un colore triste. E sul pigiama indosso un maglione ancora più triste. Roba da ricovero coatto, che non c'è manco bisogno di chiedermi se qualcosa non va, basta guardare il cazzo di modo in cui sono vestita e la risposta esatta è l'unica possibile.
Ma, voglio dire, se a Povia è consentito cantare a Sanremo che "Luca era gay", allora io posso starmene a casa mia con un pigiamino di un verde acqua indefinito e un maglione over 70 che probabilmente mia nonna non indosserebbe mai, perchè poco trendy per i suoi gusti.
Mi fanno ridere un po' di cose, stamattina, che come sempre sono sempre le stesse.
E cioè queste cose che non escono mai dal diametro della nostra vita, si allontanano, fanno giri immensi e poi ritornano. Come gli amori di cui canta Venditti.
Anche quest'anno c'è Sanremo. E ce l'abbiamo tutti sui cosiddetti. E ce l'abbiamo così sui cosiddetti che ci sentiamo in dovere di guardarlo per criticarlo.
Ringrazio Dio che c'ho la mia sana pallavolo che, se è vero che mi fa perdere tutto della vita, e soprattutto tutto ciò sia vivibile tra le 18.30 e le 23.30 del giorno stesso tutti i giorni, è anche vero che mi risparmia la sedentarietà più infame: quella dello spirito. Non che io faccia troppa fatica a dire "no" a certi ricatti mediatici, però ci sta il fatto che certe volte hai bisogno di assistere a certe stronzate ciclopiche, per ridertela un po'.
E così. E così ieri sera, tornata da Caserta, ho scoperto che Marco Carta a Sanremo rientra nella categoria big. A tale proposito ho deciso di smettere di dimagrire, così l'anno prossimo rientrerò anche io tra i "big". Mi sembra un'equazione logica per me che di equazioni non ci ho mai capito un cazzo.
Poi ho assistito ad una stonatissima Iva Zanicchi che, fin quando occhei il prezzo era giusto, ci poteva pure stare. Ma "cento, cento, cento" ieri sera non gliel'avrei mai urlato. Ma voglio dire, fa un certo effetto che una nel meglio della sua rispettabilissima menopausa vada a stonare una canzone intitolata "ti voglio senza amore". Mi sono chiesta se l'anno prossimo sarà consentito pure a Cicciolina rientrare tra i big.
Tornando a Povia, che non a caso ho citato per primo, mi sa che deve averci una visione un po' distorta della vita. Va bene che i bambini fanno oh, e va bene pure che vorrebbe avere il becco. Ma cantare di uno che racconta della sua gaytudine come se ne fosse diventato vittima, come di una cancrena irrimediabile, e come se essere gay fosse complementare all'infanzia difficile, alla madre ansiosa e al padre assente, non mi sta bene.
Stando alle equazioni di Povia, anche la sottoscritta sarebbe stata gay. Il fatto è che Povia non lo sa.
Cioè, ci ha messo una psicologia pane e peperoni in quella canzone, che io non lo so la nostra fantasia dove minchia può arrivare. Ovviamente alla fine dell'esibizione -costituita al novantanove per cento da rime baciate da prima elementare- è fuggito dal palco lasciando il posto ad un cartellone che, se ci fosse stato scritto "pubblicità", sarebbe stato meno paraculo.
Alla fine, intendiamoci, a me di Sanremo non me ne fotte niente, a parte il fatto che mi dispiace che la musica italiana sia passata dalle mani di Guccini a quelle di Marco Carta, per dirne una. Però me ne fotte del fatto che loro credono di saziarci così beceramente. Ci guardiamo Sanremo e ci scordiamo della Fiat che soltanto qui, a Pomigliano, prevede un numero abnorme di potenziali licenziamenti. Sedativo per le coscienze? Non lo so.
Non me ne fotte niente manco del contratto di Bonolis, che fino a quando è riuscito a nascondere la sua avidità, godeva della mia stima spropositata. Ma adesso che gli si fanno gli occhi lucidi per niente e la sua ingordigia è malcelata, mi viene l'orticaria come quando vedo Mara Venier in tivvù o passano Laura Pausini per radio o mi ricordo della Cimmino al liceo.
Paolè, credimi, a me del tuo milione di euro me ne passa per. Ma che te ne fai? Dico, qua gli occhi lucidi ci vengono a tutti, ci basta metterci le mani in tasca.
Ma in termini EFFETTIVI -e solo Dio sa quanto mi stia innamorando di questa parola!-, tu questa crisi come me la risolvi?

Questi sono gli interrogativi profondi di questa ventenne sprovveduta, in un mercoledì mattina in cui dovrei cominciare a preparare gli ultimi due esami di questo primo semestre. E sono già in ritardo di tre giorni sulla tabella di marcia. E' che non mi viene da studiare, perchè non ci trovo il motivo. Cioè, oltre l'appagamento del libretto che si riempie, dopo io che fine farò?

Confesso, infine, un desiderio. Che un po' c'ha a che fare con tutta la pappardella, perchè più scavo con le domande e più mi viene voglia di smettere di chiedermi.
Io vorrei chiamarmi Roberta Marfè. E Roberta sarebbe il mio nome d'arte.
E il pop denz sarebbe il mio genere dichiarato, e il mio cavallo di battaglia pop denz sarebbe CelatoAccioccolato. E sarei una tipa un po' frizzantina. E il mio pezzo forte sarebbe il fragolone.
Che, vogliate perdonare l'allusione, ma per quanto mi riguarda sono tempi di carestia pure per quello.



Tutto si muove, non riesco a stare fermo
tremando ti cerco in tutti i canali
Alta tensione ma senza orientamento
sbandando ti seguo in tutti i segnali
Fuori controllo ormai mi pulsi dentro
sento il contagio di un'infezione
Senza ragione disprezzo ogni argomento
ogni contatto, ogni connessione.
Ti cerco perchè sei la disfunzione, la macchia sporca, la mia distrazione,
la superficie liscia delle cose
la pace armata, la mia ostinazione...
Nuova ossessione che brucia ogni silenzio
dammi solo anestetici sorrisi ed una
Nuova ossessione corrodi ogni momento
sei la visione tra facce da dimenticare
Nuova ossessione e ormai ci sono dentro
dammi solo anestetici sorrisi ed una
Nuova ossessione perchè mi trovo spento
senza illusioni tra facce da dimenticare.
Senza frizione piloti il mio tormento
sbandando ti cerco in tutti i canali
Fuori visione piloti il mio buon senso
non c'è più pace o consolazione
Ti cerco perchè sei la disfunzione, la macchia sporca, la mia distrazione,
la superficie liscia delle cose
la pace armata, la resurrezione...
Nuova ossessione che brucia ogni silenzio
dammi solo anestetici sorrisi e ancora
Nuova ossessione corrodi ogni momento
sei la visione tra facce da dimenticare
Nuova ossessione e ormai ci sono dentro
dammi solo anestetici sorrisi ed una
Nuova ossessione perchè mi trovo spento
senza illusioni tra facce da dimenticare
Oggi il suo futuro anteriore
trasmette solo prospettive allarmanti
e in casa lo rinchiuderà sintonizzato su ossessioni imperanti.
Oggi il suo diagramma del cuore è schermo piatto
e nebulose stagnanti
forse è così che resterà o forse sta per decollare e inventarsi una
Nuova ossessione...



[Nuova ossessione - Subsonica]


mercoledì 11 febbraio 2009

Rumba verso il buco

Non ci vuole molto a capire com'è che torni alla mente, così nitida, la violenza.
Le cicatrici si sono aperte tutte, stasera.
Brava, complimenti!
Nella testa sono vive le mattinate a quel cazzo di Cus quando stavo a scienze motorie.
Le palline di carta tra i capelli, le umiliazioni gridate al vento, quella parolina di troppo mentre aspettavamo il treno a Cavalleggeri e casa era irrimediabilmente lontana.
Tutta gente che ho sfuggito dopo tutto quel tormento, anche nella testa.
Poi stasera arrivi tu e colpisci dove fa male.
E mentre parli mi rivedo chiusa in bagno con lo zaino pieno, rivedo Mario che non perdeva mai occasione per la parolina sprezzante.

Vedo il mio riflesso in una vetrina spropositata, e cammino, cammino veloce per superarla ma è infinita, è tutta una vetrina la palestra, stasera.
Vedi cara, è difficile spiegare, è difficile capire se non hai capito già.


lunedì 9 febbraio 2009

Dancing (un passo indietro)

Sciolgo le mani: stasera bisogna dire tutto quello che bisogna dire.
Leggera come un volo di farfalla questa domenica di grandine e tramonto a via Caracciolo, con l'acqua che pungeva fitta sulla testa, col sole che puntava dritto alle mie pupille.
Compleanno del coach, e mi è caduto addosso il paradosso mentre partecipavo a questo stare insieme a fare festa, a elaborare la gioia di volare alto insieme, quest'anno.
Dico tengo un'allenatrice fenomeno -e tanti auguri, coach!-, tengo delle AMICHE di squadra, tengo questo stare tutte assieme come squadra che sembra l'alchimia perfetta dell'esistenza. Tengo tutto quello che fa la differenza, ed è una sacrosanta normalità.
In sottofondo invece tengo un cd, ventuno canzoni.
Canzoni, poi!...quanto sono riduttiva, a volte!
Blu cobalto, Negramaro. Luce dei miei occhi, Ludovico Einaudi. L'apres midi, Yann Tiersen.
Come dire c'era molto altro che forse non è stato scritto, forse.
Aity dice è che tu c'hai questo sentire...
Benedetto sentire, chè te ne accorgi quando il cielo e il mare si ingoiano il resto attorno e lo mostrano soltanto a te, e il cemento grigio degli alberghi non lo vedi più, e vedi solo il mare, questo infinito mare che schiuma rabbia e vita sugli scogli. E vedi solo il cielo, questo infinito cielo dietro il suo tramonto di nuvole. Questo sentire che ti fa dire siamo oltre e la vita non è solo questa, questo sbattersi per le scarpe nuove e il cappotto abbinato, non è la lotta per avere ragione. E' un confrontarsi col mare e col cielo e con la loro enormità.

Per dirne una che va detta, ad esempio:
Siamo oltre la presunzione di decidere se una persona -che per sè non può decidere- debba vivere o morire.
Siamo dalla parte della sofferenza solo se l'abbiamo patita e possiamo accompagnare chi la patisce a fare un giro all'inferno, e una volta finito il giro non aver paura di ricordare e di reincontrare il dolore.
Siamo oltre.
Dobbiamo continuare a ballare il valzer, ma con l'eleganza che il valzer richiede. Col dubbio che incalza, per cui non so se domani mattina riuscirò ad alzarmi, poi aprire gli occhi l'indomani e dimenticare l'incertezza pregressa.
E poi accogliere di nuovo quel dubbio la sera successiva, cullarlo per un po', se necessario.
Bisognerebbe dire troppo altro stasera, ma quel tramonto e quel mare che c'ho attaccati in testa mi hanno sconvolto le parole. Guardi quanto sei piccolo e dici cazzo, quanto altro.
Non so dire altro, è probabile che io non le abbia sciolte troppo bene le mani. Perciò adesso imprimo questo scritto qua sopra. Che poi magari uno dice "ma che nome c'hanno i tuoi mostri mentali?".
Io non lo so, ma devono essere nomi speciali.

Comunque eccheffà, mi metto a sorridere, noi siamo oltre anche per questo.

[Domani chiederò consiglio al perturbatore, che più che psicoroba cognitiva certe volte penso "Maurizio, sei tu il mio pastore".
Ebbene sì, chiederò consiglio.

Perchè sono indecisa.
Non so se mandarti a fanculo adesso oppure no...]


"..e le senti le vene piene di ciò che sei e ti attacchi alla vita che hai..leggero.."

martedì 3 febbraio 2009

E' soltanto lunedì...

Dolce bisogno di rinnegare, stasera.
Non lo so com'è che succede, la partenza a tutto gas e poi la paura di mantenere il piede sull'acceleratore.
Paura? Non ne sono sicura.
Dissuasione, probabilmente.
La psicoroba cognitiva richiede lealtà e non è sempre facile. Proprio tutti i cazzi devono essere spiegati in maniera geometrica, lineare, perfetta, pertinente. Ad alta voce. Se salti una virgola sono fatti tuoi, perchè poi il perturbatore ti farà sentire con le mani legate dietro la schiena. I piedi scalpiteranno e la tua bocca sarà luogo di collisioni tra le parole. Bum!, si scontreranno tutte. E poi soltanto aria in gola, come se ci fosse un risucchio a riprendersi le parole, a ributtarle giù per l'esofago.
Ho perso un po' di violenza, è sfumata. Scrivo, mi leggo e me ne rendo conto. La veemenza. Lo sbattere dei pugni sul tavolo per cercare di capire. E tutte quelle crepe dilanianti dentro al cuore, dentro alla testa, dentro ai gesti. Quello sbattersi ostinato che alla fine era un muoversi in nessuna direzione. Ma quantomeno garantiva l'emozione dell'impressione. Mi fottevo da sola, e adesso lo dico ad alta voce perchè la terapia è innanzitutto questo: guardarsi allo specchio e non aver paura di dire "mamma mia quanto faccio pena". Via le mani dagli occhi. Basta cacarsi sotto di guardarsi dentro e incolpare gli altri!
Comunque tutta questa calma non è poesia e non è serenità, magari è impotenza. Sono le mani alte sulla testa di chi si arrende. Una tregua da quel frugare insistente e caparbio che poi ad un tratto smette perchè non ha niente da offrire.
Cos'era tutto quello scalpitìo, il capriccio di chi cerca un pretesto?
Mezzo pretesto almeno. Non lo so, continuo a non sapere.
Intanto sapere di star intrattenendo l'ennesimo fallimento, ma continuare a camminare.
Alla fine si tratta di una scelta precisa e fondamentale: vivere o morire.
E vivere è questo camminare dritto sull'acqua e su quello che non c'è.
Oggi mi sono imbarazzata davanti a Maurizio. Sono quasi due anni, però dover parlare in quel modo così trasparente ferisce sempre un po'. Fa le guance rosse, fa le mani sudate che strofinano i jeans per cercare non si sa bene cosa, allentare la tensione. Questa svendita è necessaria, strapparsi tutti i panni da dosso e dire sono quella che sono. Occorre coraggio, ed è vero. Quante volte ci sono parole che preferirei omettere, sensazioni che non vorrei passare al vaglio. Perdere un po' di intimità pure, perchè bisogna capire, occorre capire perchè fai questo, alla fine Robè hai bisogno di confermarti e bla bla bla.
A volte mi viene da dire che non è possibile, però so bene che questa è roba per cui non sono ammesse uscite di sicurezza e due più due farà comunque quattro, che io lo voglia o meno.
Senza stare troppo a chiedersi perchè giovedì, quel giovedì e quel benedetto allenamento che non si è fatto e la testa e le mani che hanno agito così.
Senza fingere di non sapere la risposta quando poi ce l'hai depositata dentro, e devi solo accoglierla e dirla chiaramente, a voce alta.
Stasera non funziono, e mi viene da sorridere mentre mi aggrappo al fatto che "è solo una visuale del momento, chè tanto l'architettura cognitiva l'abbiamo restaurata, Robè".
Di un sorriso dolce, nemmeno sarcastico, di un sorriso di chi si vuole abbandonare per un po', riprovare il naufragio e poi ritornare a navigare.

domenica 1 febbraio 2009

-

Dopo un grande dolore subentra un compassato sentimento.
Stanno in cerimoniale compostezza i nervi, come tombe,
il cuore, impietrito, si domanda: ero io che pativo

ieri o quanti secoli orsono...

I piedi si aggirano, automatici,
in terra, in aria, o chissà dove,
una spigolosa via
senza costrutto,
una calma di quarzo, come pietra.

Questa è l'ora di piombo,
se si sopravvive, si ricorda
come gli assiderati la neve.

Prima il gelo, poi lo stupore, poi il lasciarsi andare.


[Mario Luzi]

mercoledì 28 gennaio 2009

Hier ist kein Warum

L'anno scorso, a marzo, la preparazione dell'esame di Storia delle religioni del Mediterraneo l'ho vissuta come un'offerta, come un omaggio a chi ha subìto le angherie del nazismo.
Oggi ricorre la giornata della Memoria e posso dire di sentirmi minimamente partecipe, perchè preparare l'esame sulla Shoah non è stato la gratificazione del voto sul libretto.

E' stato un tuffo di pancia in un mare di dolore. Come se con Primo Levi ci fossi stata anche io in quel Lager ad aspettare di morire.

Riporto alcuni preziosi periodi di "Se questo è un uomo", che il pastello rosso ha solcato con un'indelicatezza richiesta e probabilmente indispensabile.

Se ci penso mi dà i brividi, eppure questo è uno dei libri che io ho amato di più.


"..nessuno dei guardiani, né italiani né tedeschi, ebbe animo di venire a vedere che cosa fanno gli uomini quando sanno di dover morire. Ognuno si congedò dalla vita nel modo che più gli si addiceva. Alcuni pregarono, altri bevvero oltre misura, altri si inebriarono di nefanda ultima passione. Ma le madri vegliarono a preparare con dolce cura il cibo per il viaggio, e lavarono i bambini, e fecero i bagagli, e all'alba i fili spinati erano pieni di biancheria infantile stesa al vento ad asciugare; e non dimenticarono le fasce, e i giocattoli, e i cuscini, e le cento piccole cose che esse ben sanno, e di cui i bambini hanno in ogni caso bisogno. Non fareste anche voi altrettanto? Se dovessero uccidervi domani col vostro bambino, voi non gli dareste oggi da mangiare?"

"Tutti scoprono, più o meno presto nella loro vita, che la felicità perfetta non è realizzabile, ma pochi si soffermano invece sulla considerazione opposta: che tale è anche un'infelicità perfetta. I momenti che si oppongono alla realizzazione di entrambi i due stati-limite sono della stessa natura: conseguono dalla nostra condizione umana, che è nemica di ogni infinito. Vi si oppone la nostra sempre insufficiente conoscenza del futuro; e questo si chiama, in un caso, speranza, e nell'altro, incertezza del domani."

"Questo è l'inferno. Oggi, ai nostri giorni, l'inferno deve essere così, una camera grande e vuota, e noi stanchi stare in piedi, e c'è un rubinetto che gocciola e l'acqua non si può bere, e noi aspettiamo qualcosa di certamente terribile e non succede niente e continua a non succedere niente. Come pensare? Non si può più pensare, è come essere già morti."

"..allora per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa, la demolizione di un uomo."

"Ma consideri ognuno, quanto valore, quanto significato è racchiuso anche nelle più piccole nostre abitudini quotidiane, nei cento oggetti nostri che il più umile mendicante possiede: un fazzoletto, una vecchia lettera, la fotografia di una persona cara. Queste cose sono parte di noi, quasi come membra del nostro corpo; né è pensabile di venirne privati, nel nostro mondo, chè subito ne ritroveremmo altri a sostituire i vecchi, altri oggetti che sono nostri in quanto custodi e suscitatori di memorie nostre.

Si immagini ora un uomo a cui, insieme con le persone amate, vengano tolti la sua casa, le sue abitudini, i suoi abiti, tutto infine, letteralmente tutto quanto possiede: sarà un uomo vuoto, ridotto a sofferenza e bisogno, dimentico di dignità e discernimento, poichè accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se stesso; tale quindi, che si potrà a cuor leggero decidere della sua vita o morte al di fuori di ogni senso di affinità umana; nel caso più fortunato, in base ad un puro giudizio di utilità. Si comprenderà allora il duplice significato del termine "Campo di annientamento", e sarà chiaro che cosa intendiamo esprimere con questa frase: giacere sul fondo."

"Se fossimo ragionevoli, dovremmo rassegnarci a questa evidenza, che il nostro destino è perfettamente inconoscibile, che ogni congettura è arbitraria ed esattamente priva di fondamento reale. Ma ragionevoli gli uomini sono assai raramente, quando è in gioco il loro proprio destino: essi preferiscono in ogni caso le posizioni estreme; perciò, a seconda del loro carattere, fra di noi gli uni si sono convinti immediatamente che tutto è perduto, che qui non si può vivere e che la fine è certa e prossima; gli altri, che, per quanto dura sia la vita che ci attende, la salvezza è probabile e non lontana, e, se avremo fede e forza, rivedremo le nostre case e i nostri cari."


"La persuasione che la vita ha uno scopo è radicata in ogni fibra di uomo, è una proprietà della sostanza umana. Gli uomini liberi danno a questo scopo molti nomi, e sulla sua natura molto pensano e discutono: ma per noi la questione è più semplice. Oggi e qui, il nostro scopo è di arrivare a primavera."

"Poichè tale è la natura umana, che le pene e i dolori simultaneamente sofferti non si sommano per intero nella nostra sensibilità, ma si nascondono, i minori dietro i maggiori, secondo una legge prospettica definita. Questo è provvidenziale, e ci permette di vivere in campo. Ed è anche questa la ragione per cui così spesso, nella vita libera, si sente dire che l'uomo è incontentabile: mentre piuttosto che di una incapacità umana per uno stato di benessere assoluto, si tratta di una sempre insufficiente conoscenza della natura complessa dello stato di infelicità, per cui alle sue cause, che sono molteplici e gerarchicamente disposte, si dà un solo nome, quello della causa maggiore; fino a che questa abbia eventualmente a venir meno, e allora ci si stupisce dolorosamente al vedere che dietro ve n'è un'altra; e in realtà, una serie di altre.
Perciò, non appena il freddo, che per tutto l'inverno ci era parso l'unico nemico, è cessato, noi ci siamo accorti di avere fame: e, ripetendo lo stesso errore, così oggi diciamo: "Se non fosse della fame!...". Ma come si potrebbe pensare di non aver fame? Il Lager è la fame: noi stessi siamo la fame, la fame vivente."

"..ci si potrà domandare se sia bene che di questa eccezionale condizione umana rimanga una qualche memoria.

A questa domanda ci sentiamo di rispondere affermativamente. Noi siamo infatti persuasi che nessuna umana esperienza sia vuota di senso e indegna di analisi, e che anzi valori fondamentali, anche se non sempre positivi, si possano trarre da questo particolare mondo di cui narriamo. Vorremmo far considerare come il Lager sia stato, anche e notevolmente, una gigantesca esperienza biologica e sociale."

"..e se potessi racchiudere in una immagine tutto il male del nostro tempo, sceglierei questa immagine, che mi è familiare: un uomo scarno, dalla fronte china e dalle spalle curve, sul cui volto e nei cui occhi non si possa leggere traccia di pensiero."

"Per gli uomini vivi le unità del tempo hanno sempre un valore, il quale è tanto maggiore, quanto più elevate sono le risorse interne di chi le percorre; ma per noi, ore, giorni e mesi si riversavano torpidi dal futuro nel passato, sempre troppo lenti, materia vile e superflua di cui cercavamo di disfarci al più presto."

"Da molti mesi non conoscevo più il dolore, la gioia, il timore se non in quel modo staccato e lontano che è caratteristico del Lager, e che si potrebbe chiamare condizionale: se avessi ora -pensavo- la mia sensibilità di prima, questo sarebbe un momento estremamente emozionante."

"Oggi io penso che, se non altro per il fatto che un Auschwitz è esistito, nessuno dovrebbe ai nostri giorni parlare di Provvidenza: ma è certo che in quell'ora il ricordo dei salvamenti biblici nelle avversità estreme passò come un vento per tutti gli animi."

"Parte del nostro esistere ha sede nelle anime di chi ci accosta: ecco perchè è non-umana l'esperienza di chi ha vissuto giorni in cui l'uomo è stato una cosa agli occhi dell'uomo."

"La memoria è uno strumento curioso: finchè sono stato in campo, mi hanno danzato per il capo due versi che ha scritto un mio amico molto tempo fa: ...infin che un giorno / senso non avrà più dire: domani. "

"Warum? -gli ho chiesto nel mio povero tedesco.

-Hier ist kein Warum- , (qui non c'è perchè), mi ha risposto.."