Sentirsi in pari con il mondo non è una cosa che tutti, così, da un giorno all'altro. L'equilibrio si acquisisce attraverso l'esercizio, in punta di piedi sulla fune sottile, con gli occhi che guardano dritto e il non poter dimenticare che non c'è nessuno giù pronto ad attutire il colpo.
La capacità di far quadrare anche le figure più imperfette non è una qualità. E' un mestiere che si apprende e, volente o nolente, è necessario. E' faticoso, è roba che poi l'unica cosa che ti viene da chiederti è "perchè lo sto facendo?". Ma comunque continuare a lavorare, sempre, coi frutti che non maturano e la testa che pesa sul collo e torredicontrolloaiutostofinendol'ariadentroalserbatoio.
Non è salendo un solo gradino che si può pensare di arrivare a sfiorare il cielo.
Ma dopo tutto il fumo negli occhi, dopo tutto quel perdersi e quel non sapere, oltre quella sensazione di aver perso tutto, tutti, se stessi.
Dopo tutto questo, dicevo, dopo gli innumerevoli gradini che è stato necessario salire senza mai guardarsi indietro e provando a dissimulare i rantoli.
Dopo tutto questo peregrinare, e sudare, e lavorare, e non capire...allora cominciare a tessere la tela.
Punti sospensivi. Ineffabilità. Leggerezza nel cuore.
Lo spazio di recupero che mi sono guadagnata lo avverto come una liberazione forte.
Mi sono guadagnata il mio spazio in questo progetto che è la vita.
E' incoerente, e lo so: non ho dimenticato le volte in cui l'unico istinto era quello di strapparmi i capelli. Non è immutabile nè stabile, perchè una volta arrivati in cima bisognerà risalirli tutti, ma proprio tutti, quei gradini. E verranno altri giorni in cui guardandolo, il disegno, sembrerà comunque da rifare.
Ma adesso è completo, e me ne compiaccio.
E poi adesso ci sei anche tu...
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