Dolce bisogno di rinnegare, stasera.
Non lo so com'è che succede, la partenza a tutto gas e poi la paura di mantenere il piede sull'acceleratore.
Paura? Non ne sono sicura.
Dissuasione, probabilmente.
La psicoroba cognitiva richiede lealtà e non è sempre facile. Proprio tutti i cazzi devono essere spiegati in maniera geometrica, lineare, perfetta, pertinente. Ad alta voce. Se salti una virgola sono fatti tuoi, perchè poi il perturbatore ti farà sentire con le mani legate dietro la schiena. I piedi scalpiteranno e la tua bocca sarà luogo di collisioni tra le parole. Bum!, si scontreranno tutte. E poi soltanto aria in gola, come se ci fosse un risucchio a riprendersi le parole, a ributtarle giù per l'esofago.
Ho perso un po' di violenza, è sfumata. Scrivo, mi leggo e me ne rendo conto. La veemenza. Lo sbattere dei pugni sul tavolo per cercare di capire. E tutte quelle crepe dilanianti dentro al cuore, dentro alla testa, dentro ai gesti. Quello sbattersi ostinato che alla fine era un muoversi in nessuna direzione. Ma quantomeno garantiva l'emozione dell'impressione. Mi fottevo da sola, e adesso lo dico ad alta voce perchè la terapia è innanzitutto questo: guardarsi allo specchio e non aver paura di dire "mamma mia quanto faccio pena". Via le mani dagli occhi. Basta cacarsi sotto di guardarsi dentro e incolpare gli altri!
Comunque tutta questa calma non è poesia e non è serenità, magari è impotenza. Sono le mani alte sulla testa di chi si arrende. Una tregua da quel frugare insistente e caparbio che poi ad un tratto smette perchè non ha niente da offrire.
Cos'era tutto quello scalpitìo, il capriccio di chi cerca un pretesto?
Mezzo pretesto almeno. Non lo so, continuo a non sapere.
Intanto sapere di star intrattenendo l'ennesimo fallimento, ma continuare a camminare.
Alla fine si tratta di una scelta precisa e fondamentale: vivere o morire.
E vivere è questo camminare dritto sull'acqua e su quello che non c'è.
Oggi mi sono imbarazzata davanti a Maurizio. Sono quasi due anni, però dover parlare in quel modo così trasparente ferisce sempre un po'. Fa le guance rosse, fa le mani sudate che strofinano i jeans per cercare non si sa bene cosa, allentare la tensione. Questa svendita è necessaria, strapparsi tutti i panni da dosso e dire sono quella che sono. Occorre coraggio, ed è vero. Quante volte ci sono parole che preferirei omettere, sensazioni che non vorrei passare al vaglio. Perdere un po' di intimità pure, perchè bisogna capire, occorre capire perchè fai questo, alla fine Robè hai bisogno di confermarti e bla bla bla.
A volte mi viene da dire che non è possibile, però so bene che questa è roba per cui non sono ammesse uscite di sicurezza e due più due farà comunque quattro, che io lo voglia o meno.
Senza stare troppo a chiedersi perchè giovedì, quel giovedì e quel benedetto allenamento che non si è fatto e la testa e le mani che hanno agito così.
Senza fingere di non sapere la risposta quando poi ce l'hai depositata dentro, e devi solo accoglierla e dirla chiaramente, a voce alta.
Stasera non funziono, e mi viene da sorridere mentre mi aggrappo al fatto che "è solo una visuale del momento, chè tanto l'architettura cognitiva l'abbiamo restaurata, Robè".
Di un sorriso dolce, nemmeno sarcastico, di un sorriso di chi si vuole abbandonare per un po', riprovare il naufragio e poi ritornare a navigare.
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1 commento:
good start
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