sabato 27 giugno 2009

Idolatrìa del nulla ammalato

(Questo post è costituito al 90% da cose che ho scritto in una mail ad un mio amico)


E' iniziata ieri la Festa de L'Unità e la CASA DEMOCRATICA che noi giovani del "Pettirosso"abbiamo progettato (e arredato) è pronta per accogliere tutti.
"Dillo al PD" è un'iniziativa intrigante e sono contenta di occuparmene personalmente.
Sono ubriaca di entusiasmo e sto bene con i ragazzi.
Sto dedicandomi anima e corpo alla festa per svariati motivi personali (sappiamo bene che stare fermi non ci aiuta) e per affermare il principio della concretezza: vorrei sradicare il sillogismo politica : attaccamento alla poltrona che alberga nelle consapevolezze di tutti quelli che lamentano l'arrivismo e la demagogia senza, però, proporre alternative valide.
Io credo che agire nel sociale sia comunque un modo di fare politica. Anzi, ci metto il determinativo: IL modo di fare politica, probabilmente l'esclusivo e il più funzionale. Perchè se poi vogliamo parlare di colori, partiti e bandiere io quella roba lì la schifo, mi fa vomitare. E non la chiamo politica.
Penso che questo modo di agire, al contrario, sia il vero modo di fare opposizione: informare, cercare il dialogo, "incontrare", ascoltare.
Di base sono una disillusa, e lo sappiamo. Però non voglio subire in silenzio. Voglio fare resistenza in qualche modo. Se anche un solo tamarriello ogni giorno dovesse "entrare" nella casa democratica durante la festa e dovesse fermarsi a leggere un testo di De Andrè incollato ad un pannello, per me sarebbe una vittoria.


Piccola riflessione fremente.

Guardo le foto dell'Iran e, ogni volta, scrutando la gente temeraria e indiavolata disperdersi per le vie di Teheran, penso: perchè se un popolo realmente represso e schiavizzato ha il coraggio di sfidare la dittatura esplicita a cui soccombe, invece un altro popolo (noi) che -sulla carta- è democratico non ha interesse a lottare affinchè i suoi diritti vengano comunque preservati? Indifferenti e accidiosi come siamo, cosa potremmo mai fare se non dovessimo più riuscire a cavalcare il flusso, un giorno?
A Teheran sono scesi tutti per le strade a protestare, a sfidare le armi, e la svolta storica mi sembra proprio questa. Noi non solo non abbiamo, ma nemmeno chiediamo niente. Che vuol dire questo?
Gli iraniani hanno scelto per la moralità: i nostri princìpi quali e dove sono? Perchè, nonostante il clima di scadimento morale e culturale dilagante, la gente continua a cantare fieramente "meno male che Silvio c'è" idolatrando l'emblema dell'immoralità?
E il problema non è SOLAMENTE Silvio, sebbene non possa io nascondere la ripugnanza che provo nei suoi confronti.
Mi chiedo spesso se il male possa derivare interamente da una sola persona: penso alle dittature e mi dico di sì, poi però penso pure all'inedia di chi soccombe in silenzio, senza nemmeno arrogarsi il diritto di arrabbiarsi, e mi dico che allora, forse, "no". Forse il male viene soprattutto da chi lo incoraggia, incitandolo o approvandolo in silenzio.
"Ladro non è solo chi ruba, ma soprattutto chi guarda". Ci penso sempre.
E chi incoraggia il male, lo pubblicizza e lo riverisce presagendo grandi tornaconti (spesso misurabili in euro da aggiungere) è un uomo di princìpi?
Sicuramente no.
E' un uomo?

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