martedì 21 ottobre 2008

Sono come il fiume che scorre

Vengo come il fiume in piena e non ci sono dighe ad arginare il disastro, questa volta. Non ce ne possono essere più.
Tendenzialmente pacifica e lo sappiamo, lo sa bene chi mi conosce. Non mi piace litigare, non mi piace alzare la voce e quando la alzano con me o finisce che incasso e poi mi vado a nascondere per piangere, come i bambini dopo aver avuto uno schiaffone dalla loro mamma, o i nervi che si scatenano fanno rumore pure loro e perdo il controllo. Non mi capita quasi mai perchè provo a starci attenta, se manterrai la calma in un momento d'ira risparmierai cento giorni di dolore, dicono i cinesi. Così ci penso e il sangue amaro me lo faccio in silenzio, sempre.

Ieri sera mi sentivo il sangue pulsarmi alle tempie come non accadeva da tempo. Ho trattenuto le lacrime, che intendiamoci erano lacrime di stizza, ci sono riuscita fino ad otturarmi le orecchie e alla sensazione che la faccia potesse scoppiarmi e gli occhi uscire dalle orbite. Poi ho lasciato perdere perchè le parole erano troppe e non le sapevo dire tutte.
Questa volta, invece, le voglio dire.
Mi sono rotta le palle delle cose non dette: discorsi rimandati, quelli mai affrontati. Non sono l'ultima arrivata, capiamoci. Ho sbagliato io ad essere sempre accomodante, ma scusate se non funziono come le macchinine telecomandate e sono come il fiume che scorre, direbbe Coelho.
Sono come il fiume che scorre. Vado giù spontanea, che sono come sono, con il mio corpo e la mia testa. Ce l'ho con la mia generazione, e scusami Maurizio se sono troppo "selettiva". Ce l'ho con la mia generazione perchè mi sento la febbre di vivere addosso e non distinguo più se sono io la malata o loro. Non lo so più. Ce l'ho con i miei vent'anni di merda, ce l'ho col fatto di sembrare sempre sbagliata perchè non me la ricordo più l'ultima volta che ho parlato del ragazzo che fa girare la testa, di quegli stivali così belli da comprare subito e delle cazzate di cui vorrei saper parlare così bene come fanno gli altri.
Non sto giudicando, porca miseria, queste sono cose legittime, sono io che non c'ho dimistichezza! Non giudico, sto crepando di invidia perchè vorrei avere una testa più leggera. Un corpo non è stato possibile, leggero, ma una testa, datemi una testa più leggera.Mi rode questo stare fuori, io voglio stare dentro, voglio morire di cecità, non voglio guardarmi attorno.

Vorrei non dover tornare mai più nello studio di Beneduce e ricominciare a lavorare all'ennesimo fallimento. Vorrei non dover tornare a casa e trovarci mio fratello ammazzato di fatica che dice "che cazzo vuoi, tu te ne vai a fare allenamento e ti svaghi, io lavoro come il mulo quindi stai zitta", e sentire quel vuoto nella pancia che mi sembra di stare in caduta libera da 3000 metri di altezza, che sembra di non toccare mai terra e non sapere come sarà l'impatto. Di chi è la colpa, gli dico, vorrei fare più di quello che faccio, ma non è colpa mia se stiamo combinati così, se papà ci vuole fregare, si vuole fregare, io lo vorrei guarire, se solo sapessi come mi guarirei prima io.
Non ne posso più di situazioni intricate in cui non capisco la parte da recitare: dimmi la mia parte, te la faccio, ma porca miseria dimmela. Chi sono io, sono quella a cui mandi il messaggio in una sera di agosto quando non hai un cazzo da fare, il messaggio scemo che lascia lo scampolo di speranza e quell'alone misterioso che è rimasto un alone di becera banalità. E' un'idea insulsa dei rapporti, poi non venirmi a predicare le relazioni sane come se fossi il Messia. Dov'eri quando avevo bisogno di una parola, una parola che fosse una, qualsiasi, qualsiasi volevi, ma che fosse un cenno, un inizio di direzione, una spiegazione. Che poi me lo ricordo ancora ottobre di un anno fa, che mi chiedevi scusa da dietro al computer, "è che in fatto di maturità sei tredici passi avanti", ma vaffanculo, a che gioco vuoi giocare?
Odio tutta la banalità profusa per rendere insulso un rapporto. Confuso, faceva un casino smodato perchè non lo sapeva dire io con lei ci sto bene, sia quel che sia, sia come sia, la amo per com'è. E che c'è di male, chi cazzo ti giudicava per questo? Che poi i sotterfugi, l'assenza vomitata in faccia quelle volte in cui avevo bisogno solo di una parola, di una chiacchierata, telefonate a cui non ho mai avuto risposta. Non cercavo niente, non ho mai cercato, non ti ho mai tolto, non ho mai estorto un po' di benevolenza, sempre silenziosa a cercare il capo del gomitolo, rintuzzata nel mio angolino come le vecchiette che non hanno più niente da perdere, più niente da fare, più niente.
Vaffanculo, possiamo dircelo guardandoci in faccia adesso, ora, vaffanculo. Che sei il paradosso vivente, la contraddizione, che non credi nelle cose che dici, che le tue azioni non rispondono minimamente.
Brucio, bruciano gli occhi, brucia la bocca di sale stasera.
Sono incazzata perchè sono quella che rimarrebbe a invecchiare coi suoi libri e le sue canzoni se non fosse per la pallavolo e per quelle poche persone vere che costituiscono il perchè di questo stare ancora in piedi. Sono incazzata nera, perchè non me ne so fare niente dei discorsi appesi, campati in aria, delle promesse che rimangono debiti, di questo stare sempre in tensione a fare da baby sitter a mamma, a papà, a fratello, a sorella, a nonna. Non me ne faccio niente di mia cugina che dice tu sei la mia famiglia. E quando nonna stava nella 206 a Benevento col tumore attaccato in testa, tu dove cazzo stavi? Che ne sai che cosa significava? E ancor più adesso, che cazzo ne sai che significa stare attenti pure nel sonno, conciliare tutto in una giornata, mentre lui vuole appassire in un letto e lo becchi pure che su bromazepam e altre schifezze varie si concede il liquore?
Non ne posso più del qualunquismo, della lontananza, dei rapporti che sembrano mutui interminabili, che mi sembra di non avere mai i soldi per pagare.
Non sopporto più la televisione, l'università piena di qualunquisti, quella sciacquetta che stamattina viene e mi saluta come se c'avessi la peste, quando fino a qualche mese fa baci e sorrisini a profusione.

Non sopporto quel cretino che con la sua logica elementare si allontana e mi lascia nella merda solo perchè nella sua testa starmi vicino significa inciuciare con la sua compagna di merende sui fatti che mi stanno rendendo la vita impossibile, ma vaffanculo, tu e la tua lingua lunga.
E poi, vogliamo parlare di tutti gli stronzi che hanno fatto della Comunità un'agenzia matrimoniale, che si sanno scordare degli amici e si perdono da pivelli, possono perdere anche il migliore degli amici se vossignoria la mia fidanzata chiede così quindi scusa se non ti cago più. Mi fate schifo, schifo forte, non avete manco idea di cosa era la Comunità 4 o 5 anni fa, vi mettete pure a pregare!Il buonsenso di restare in silenzio, di non salire sul pulpito per lo meno, per carità!
Cambiate come cambia il vento, come chiede l'ego, come cambia il tempo, e poi dite che non siete omologati. Sono come il fiume che scorre.
E vaffanculo, sembra sempre che non ho detto.
Passo la mia lingua sul taglio nel palato.


Faccio come un uomo, gioco a fare il duro, monto con il lego uno scherzo di futuro, che il futuro è fuori garanzia: un bacio e via.

Vado come un uomo, sono complicato, passo la mia lingua sul taglio nel palato, non mi lascio stare a modo mio, a modo mio.
E poi vivere a orecchio senza ricette che qualcun altro ha prescritto, e poi starci un po' stretto ma vivere a orecchio.
E poi vivere a orecchio, metterci tutto e forse stonare di brutto, e poi senza biglietto vivere a orecchio.
Da dove ti viene il mal di mare?
Da dove ti viene una canzone?
Da dove ti viene il peggio di chi sei?
Chi sei?
Vado come un uomo, ci provo fino in fondo a stare come tutti in pari con il mondo.

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